Siamo
a Monaco, al Sud della Germania, sotto il Föhn,
lo scirocco delle Alpi. E il commissario della polizia criminale, Siegfried
Sauer, subito può predire guai. Che si tratti di omicidio – ordinato da chi,
per quale motivo, passionale o, peggio, politico? O di suicidio, perché bisogna
trovare lettere o testimonianze, e gestirle con cautela. Adolf è tutore della
ragazza, orfana di padre, su istanza della madre, dal 1923. E da qualche tempo
non se ne separa. Dapprima la porta in giro nelle campagne elettorali,
accompagnata dalla madre. Poi, quando la ragazza decide di studiare a Monaco,
medicina, o canto, oppure danza, la prende in casa con sé – e dopo morta le
creerà attorno un mito. Quanto basta per irrobustire i timori del commissario.
Un
romanzo che si annuncia già venduto in mezzo mondo. Parte della “umanizzazione
di Hitler”, in atto da qualche tempo. Dell’uomo prima del dittatore. Che la
politica ha scoperto tardi, a trent’anni. Sull’onda semplice del risentimento
dopo la sconfitta: contro i vincitori, i traditori (il colpo alla schiena), gli
ebrei – per l’antisemitismo di cui Vienna lo ha contagiato negli anni di bohème. Le ultime biografie analizzano
la storia e il carattere dell’uomo. I narratori la sua vita quotidiana e
passionale - Eva Braun, Magda Goebbels, le assaggiatrici, l’architettura. La
ventitreenne Geli, piacente e allegrona, di cui Hitler si farà fare dopo la
morte ritratti per ogni casa o ufficio, era accudita come una figlia o
figlioccia? Era la sua amante, magari rifiutata?
Con
una bibliografia, e l’indice dei nomi – dei personaggi, ma tutti hanno nomi
reali. “Che cos’è la verità?”, chiede Massimi alla fine. Una è l’inchiesta,
“aperta il sabato mattina, chiusa il sabato pomeriggio, riaperta il lunedì
mattina, richiusa il lunedì pomeriggio”. Un caso acclarato, di suicidio? Ma no…
- che gusto ci sarebbe? Ma il racconto è onesto, anche se lungo, del caso
giudiziario.
Fabiano
Massimi, L’angelo di Monaco,
Longanesi, pp. 493 € 18
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