Un regalo, il racconto e le
illustrazioni. Se non che il mondo musulmano, soprattutto l’arco Medio
Oriente-Nord Africa, dall’Afghanistan al Marocco, è in evoluzione permanente,
ora modernizzante, ora retrattile - “tradizionalista “ (fondamentalista). Nel
diritto ma anche nella fede – nella lettura del “Corano”. Ora pluralista, ut to a point, politicamente, ora
monocratico. Per l’improvvisa ricchezza di cui ha beneficiato dal 1973, dal
primo “shock petrolifero”, che triplicò i prezzi del petrolio e del gas
naturale.
Inoltre, si assume (si
accetta la lezione fondamentalista) che le istituzioni siano determinate dal
Corano, e invece no. Se non nel senso che, il testo sacro dovendo essere
interpretato, ogni sua lettura è possibile, in un senso e nel suo contrario. La
politica, la giustizia, la condizione femminile e il rapporto uomo\donna,
perfino l’urbanistica, sono, nei diversi contesti territoriali o nazionali,
variamente intese e organizzate. Fino alle guerre civili, che sono una costante
della storia islamica. Generalizzare fa comodo – il “mondo islamico” – ma non
alla verità della cosa.
Altro punto contestabile –
non nuovo – è “la mancanza di qualisiasi mediazione fra il credente e Dio…
Nell’islam non è necessario alcun ministro consacrato del culto cui sia
delegate in esclusiva la celebrazione di funzioni religiose”. Che non è vero di
fato, in nessuna situazione reale: il “sacerdote” ha nell’islam più potere,
intellettuale e politico, che nel cristianesimo o nell’ebraismo. Nella scuola,
lettore autorizzato e esegeta del “Corano”, nella moschea (preghiera del
venerdì e zakat, la complessa
struttura di gestione dell’elemosina), nei problemi legali comunitari,
nell’etica delle persone e della comunità, dai lavacri e l’abbigliamento ai
rapporti sessuali. L’imam o mullah o sheikh non amministra sacramenti, ma ha un ruolo molto più invasivo
del parroco o pastore. determinante. E gli ulema,
gli interpteti della volontà divina? Non c’è la struttura, ma c’è la sostanza.
Basta la lettura del versetto
del “Corano” che sembra autorizzare la poligamia. Poche parole e, spiega
Vercellin, confuse, se non nel senso che dopo una brutta sconfitta con molti
morti, Maometto autorizzava a sposare le vedove, anche più di una, per
salvaguardare la prole (gli “orfani”), e per moltiplicarla. Il matrimonio è
trattato minuziosamente, in tutti gli aspetti, legali e sessuali, la poligamia
solo in queste poche parole d’occasione. Ma che monumento ci è stato costruito
sopra, normativo, etico, di genere. Se questa non è strutturazione – una
chiesa.
Giorgio Vercellin, Islam. Fede, Legge e Società, Giunti,
remainders, pp. 127 ill. € 1,95
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