martedì 14 gennaio 2020

Nostalgia di Craxi

La parabola di un uomo solo, un “uomo politico”. Dal suo massimo fulgore – al congresso del partito che dirige, il partito Socialista, può elencare una serie di successi (“l’inflazione è stata abbattuta”, era al 23 per cento, “il pil pro capite dell’Italia è stato nel 1987 superiore a quello della Gran Bretagna, la quinta potenza economica del mondo”…) - il film lo precipita nell’isolamento di Hammamet. Malato. Perseguito dalla giustizia italiana – che lui non riconosce. Autoisolato, più che autoesiliato: uno che comunica con pochi, i ragazzi, le persone povere, i vecchi amici, indifferente o sprezzante con gli altri, perfino con i familiari.
Non è un’apologia di Craxi che Amelio fa. Né ci costruisce sopra un dramma. È un ritratto che tenta, anche se con pochi tratti del personaggio storico. Solo e triste anche quando era al potere. Come Garibaldi della cui memoria è cultore. Che il popolo unicamente stimola, il benessere del popolo – è solo in questi termini che pensa e parla bene della politica, per il resto dileggiando anche quella, che pure è sua passione inesausta, fino a un attimo prima di morire. Uno che da ragazzo in collegio, Amelio fa valere all’inizio e alla fine del racconto, rompeva i vetri con la fionda. Tutto il contrario dell’immagine che se ne coltiva – Craxi Forattini disegnava su “la Repubblica” con gli stivali del Duce.
Ma l’impressione che resta è di un monumento. Forse, più che per la narrazione di Amelio, per la padronanza che Favino mostra del ruolo. Una prova da mattatore, e insieme da Grande Interprete, capace di modulare il personaggio nei dettagli anche minimi, le pause, i toni, il soffio, l’occhio presente e assente. Trascurando sensibilmente, ma questo non è colpa sua, la tragicità dell’uomo: un uomo tutto politica che non ha saputo combattere la battaglia politica. Lasciando a Belzebù, dopo averlo sfidato, l’eredità di un secolo di storia, tutta o quasi in positivo. Del partito Socialista e dello stesso stolido Pci berlingueriano – la sinistra, che contava stabilmente sul 42-45 per cento del voto, si è ridotta al 20, con enormi sacche di astensione e dispersione. Sarebbe stato un altro film, storico forse, o politico, e forse questo non interessava ad Amelio, o al pubblico.

Quale che sia la ragione, il film attrae, benché non ci sia avventura, né sesso, né scandalo, né, si direbbe, niente. E il personaggio sia sempre indigesto ai “trinariciuti”, gli ex fascisti come Travaglio, o il giornale di Scalfari – fa senso vedere il film e leggere nello stesso giorno su “la Repubblica” la rozza rievocazione dello storico Crainz, “Craxi, l’altra faccia del leader”, uno storico che pure si dice nato con Lotta Continua.
Più strano è che il racconto di Amelio attragga un pubblico prevalentemente non di “vecchi compagni” ma di generazioni intermedie e anche giovani. È un bisogno d’informarsi? È in qualche modo la proposta – l’idea – di un’altra concezione della politica? È un film politico in effetti, e forse l’Italia della disinvoltura qualunquista ricomincia a sentirne il bisogno. 
Gianni Amelio, Hammamet

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