Miglior giudice è anche
Gramsci – senza dubbi - dei due autori: “Chesterston è un grand artista, mentre
Conan Doyle era un mediocre scrittore, anche se fatto baronetto per meriti
letterari”. E questo è vero, Sherlock Holmes è pieno di parole inutili, specie
i romanzi. Seguono gli appunti sul romanzo popolare: perché il poliziesco ha
successo, ha avuto successo immediato appena tradotto.
Due accenni di Gramsci a Sherlock
Holmes e Padre Brown bastano a montare una deliziosa riflessione sui due personaggi,
sul giallo, e sul cattolicesimo vs.
il protestantesimo – un giallo filologico. Da un ciclo di tre incontri “Gramsci
in giallo”, organizzato a Bologna nell’ottobre del 2017. Da cui sono stati
estratti gli interventi di Chiara Daniele, già direttrice della Fondazione
Feltrinelli, che ha curato (con Aldo Natoli) molto Gramsci. Del gesuita
Jean-Louis Ska. E di Alessandro Zaccuri, lo scrittore di “Avvenire”, che parte
da lontano, dall’eterna questione unde
malum, perché c’è nel mondo tanta cattiveria.
Gramsci mette Sherlock Holmes
a confronto con Padre Brown in uno scambio di lettere con Tania Schucht,
appassionata del prete detective. E riprende l’argomento nelle note sulla
letteratura popolare, al Quaderno 21, monografico. Anche Gramsci aprezza Brown,
ma in quanto caricatura del poliziesco, di attrazione quindi letteraria, non
“scientifica”. E in quanto presa in giro, da cattolico, del “modo di pensare
meccanico dei protestanti”, scrive a Tania il 30 ottobre 1930.
A Gramsci Sherlock Holmes non
piace, e ne dice ripetutamente la ragione. “In Sherlock Holmes c’è un equilibrio
razionale (troppo) tra l’intelligenza e la scienza”, mentre “oggi interessa di
più l’apporto individuale dell’eroe, la tecnica «psichica» in sé e quindi Poe e
Chesterston sono più interessanti ecc.”.E poi la tecnica dell’indagine è
fatalmente superata, le “prove” chimiche, fisiche, la metodologia.
Tutto chiaro. Con qualche
perplessità. Daniele rileva in nota, alla fine del suo intervento, che “nel suo
confronto Gramsci non tiene conto del fatto che, all’inizio della loro
formazione, il cattolico era Conan Doyle e il protestante G.K.Chesterston”. Che
da anglicano si fa cattolico, precisa Ska, al centro del suo intervento, a
quarantotto anni, quindi nel 1922. Mentre Conan Doyle è nato a Edimburgo in una
famiglia cattolica, da madre irlandese. I cui fratelli - morto presto il marito alcolista, in un
manicomio – si occuperanno dell’educazone di Arthur. Che fece le scuole “per
sette anni nel celebre collegio dei gesuiti di Stonyhurst, nel Lancashire, poi,
per un anno, in un’altra famosa istituzione gesuita, il collegio Stella
Matutina di Feldkirch, in Austria, a due passi dalla frontiera con la Svizzera”.
Dove lesse Poe. Fu poi, studiando medicina, che diventa agnostico, “sulla scorta
delle teorie di Thomas Henry Huxley, grande sostenitore di Darwin” – finendo
nello spiritismo: “In poche parole, Chesterston era certamente più anglicano di
Conan Doyle”.
Si può aggiungere che il
primo Padre Brown è del 1911, “La croce azzurra”, e quindi di undici anni prima
del ritrovamento della fede e la conversione al cattolicesimo, con
(ri)battesimo. Con una presentazione non lusinghiera: “Un prete
cattolico-romano di statura bassissima, che veniva da un villaggetto dell’Essex.
Quel pretucolo…” ha “un viso rotondo e inespressivo come gnocchi di Norfolk, gli
occhi incolori come il mare del Nord”, etc.
Antonio Gramsci, Sherlock Holmes & Padre Brown,
Marietti 1820, pp. 75 € 8
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