Al
momento, in Iraq, il dopo-Suleimani è un confronto all’interno del movimento
sciita, tra El Sadr e i due pariti concorrenti. Creati e gestiti da iracheni
che negli anni 1980, durante la guerra portata da Saddam Hussein contro l’Iran,
si erano esiliati a Teheran, erano ritornati con i fondi e le paramilizie
iraniane, e collaboravano con Suleimani e Muhandis nell’assedio all’ambasciata
americana e in altre provocazioni. Dopo aver alimentato col terrorismo la
guerra civile contro gli iracheni sunniti, le loro scuole, le loro moschee, i
loro mercati.
È
come Trump ha detto in uno de tanti tweet contro Suleimani: “Gli iracheni lo
temevano e lo odiavano”. Suleiman e Muhandis sono stati colpiti di precisione
su informativa irachena, probabilmente dello stesso Sadr.
C’è
ostilità in Iraq, anche nella comunità sciita, per l’intromettenza iraniana.
Che ha abusato dell’impegno anti-Is per esautorare le autorità irachene. Anche
quelle sciite, ma non filo-iraniane. Il risentimento si estende al
piccolo commercio e allo sfruttamento locale degli idrocarburi, il petrolio e
il gas, sempre per l’intromettenza iraniana, dei bazarì.
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