Fede – “Non ho la fede”, dice l’agnostico - Scalfari, per esempio, che ama intrattenersi con cardinali e col papa. Lamentandosene. Ma se è un bisogno, c’è: quella è la fede. “La vera fede è forte, cieca e senza fondamento”, direbbe Szymborska, “Scoperta” (nella raccolta “In ogni caso”). .
Filosofia . Quella dei philosophes non regge, non oltre
l’aneddoto. Anche di aneddoti che avrebbero potuto avere sviluppo approfonditi,
meno smart, di pronta presa. Tipo l’“anima”
di Angélique, la figlia di Diderot, come la bambina si spiegava col padre
nell’agosto del 1867: “Qualche giorno fa mi è venuto in mente di chiederle
cos’è l’anima. «L’anima?», mi risponde. «Ma si fa dell’anima, quando si fa
della carne?»”
Freud
–
“Le letteratura «freudistica» ha creato un nuovo tipo di «selvaggio»
settecentesco sulla base «sessuale» (inclusi i rapporti tra padri e figli)” -
Gramsci, “Quaderni dal carcere”, I, 62. Le parole virgolettate sono molto
“freudistiche”. Ma cosa non lo è? È il limite del decostruttivismo – di Freud
(del Freud volgare).
Guerra –Non c’è guerra “giusta” – mandare gli
eserciti a morire , sia pure per un nobile scopo. Questo può essere solo di
difesa, ma non di attacco, per qualsivoglia ragione sia pure di rappresaglia.
Clausewitz, il teorico più accettato della guerra, che la guerra nella vulgata
riconduce nell’alveo della pace – “la guerra non è che la continuazione della
politica con altri mezzi” – non teorizza una guerra di difesa, ma una comunque
di attacco. Anche se combattuta in difesa. Il rapport guerra-politica della
famnosa frase va invertito: la guerra è un atto di una politica di guerra. La
guerra non può essere di schermaglie o di attrito, ma va combattuta e vinta come
e con una “battaglia decisiva”, è il suo primo precetto. L’occupazione del territorio
del nemico e il controllo delle sue risorse è il secondo: fare la guerra a
spese del nemico invece che proprie. Il terzo è vincere nell’opinione pubblica,
solo apparentemente democratico o pacifista: questo obiettivo si acquisisce con
“grandi vittorie, e con l’occupazione dell capitale del nemico”, per fiaccarne
il morale. Il fondamento è: “La guerra è un atto di forza per ridurre un
avversario al nostro volere”.
Clausewitz in
realtà non fa che teorizzare l’arte della guerra romana – eccettuando la sua
parte migliore, la prospettazione dell’assimilazione, della cittadinanza
romana, che fu la vera ricetta, bellica e politica, dell’imperialismo romano.
Clausewitz è
anche uno che il trattato redige per spiegare quale deve essere la guerra della
Germania alla Francia (scriveva negli anni di Waterloo): “Il cuore della
Francia sta tra Bruxelles e Parigi”, spiegava – la Francia si conquista passando
per il Belgio, come faranno il Kaiser e Hitler.
Mondo
–
Si vede (articola, istituisce, interpreta) per riflesso. Ovvio e assodato, ma
non nel senso dell’esistenza umana, dell’uomo – della vita e la storia
dell’uomo. Quanto mondo, i miliardi di galassie, esiste sono in quanto esiste
l’uomo – e probabilmente, seppure concepibili, non ci sono altri mondi:
l’infinità stessa (la concezione dell’infinità) è solo umana.
Esiste in quanto è “visto”
(sentito, avvertito, sistematizzato). È - c’è - ma si legge (istituisce,
regolamenta) per effetto della percezione. Degli organi della percezione e dei
canoni (fisiologici, storici, etici) che li regolano, attraverso i sensi e la
mente. Non è una creazione dell’uomo ma una sua istituzione sì. “The mode of the person becomes the mode of
the world\ For that persone and, sometimes, for the world itself”, Wallace
Stevens, “Conversation with three Women
in New England” - “il modo della persona
diviene il modo del mondo,\ Per quella persona e, a volte, per il mondo stesso”
(trad. di Massimo Bacigalupo). Ed è anche vero “che il senso dell’essere cambia
mentre parliamo”.
Opinione pubblica - “La verità dei fatti,
l’oggettività. Per mio conto si riduceva tutta al «rassemblement des
subjectivités», «consensus opinantium»”, Guido Morselli, “Dissiaptio H.G.”
(58). Ma in conseguenza, anzi a specchio, di fatti o eventi: “Se ci troviamo
d’accordo che bisogna, a dati intervalli,pagare le tasse e accendere le stufe,
vuol dire che il freddo e il fisco sono, non fantasie, cose da prendere sul
serio”..
Passato – Privarsene è una
mutilazione, per quanto orgogliosa – c’è l’orgoglio masochistico.
Suicidio - Sant’’Agostino
lo condanna al primo libro della “Città di Dio”: è l’omicidio di se stessi.
Niente liberazione dalle miserie della vita, come argomentavano gli stoici.
Senza eccezione per i primi cristiani, che invocavano il martirio. Né per l’ecatombe suicida recente,
del sacco dei Roma, il primo, quello dei visigoti di Alarico nel 410, che non
risparmiando le violenze indussero molti a togliersi al vita di propria mano –
in questi casi bisogna prendere esempio da Giobbe, il santo ammonisce. Dante
sarà clemente, sant’Agostino non lo fu. E dunque, per i diversi pesi tra il
santo e il poeta nella vita civile e divina, il suicidio è un omicidio.
Unica eccezione sant’Agostino
fa per Sansone, perché si diede la morte per ordine di Dio. Preceduto in questa
distinzione da Platone, “Fedone”, che fa dire a Socrate in punto di morte “non
dover darsi la morte da sé prima che un dio non ne abbia mandato
un’ingiunzione”. Ma un dio qualsiasi – non potrebbe esserlo il proprio daimon?
Fino a qualche
anno fa la chiesa si è allineata a sant’Agostino. Il Secondo Concilio di Orléans,
nel 533, dispose il rifiuto della benedizione religiosa al suicida. E
trent’anni dopo, al I Concilio d Braga, la non sepoltura in terra consacrata.
Verità – Vetrina da marciapiede? Gramsci, “La
città futura”, 408 (1917), lo dice dei politici di governo nella guerra: “La
verità è una donna da marciapiede della quale si sono autonominati gargagnan”,
protettori. La sintassi della frase, fuori contesto, ne fa un’affermazione non
invalida in assoluto.
zeulig@antiit.eu
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