L’ennesimo omaggio di Abate
al padre, “un uomo forte come Sivori”, al tempo di “Sapore di sale” che il
padre canticchia, primi anni Sessanta. Nella forma, estenuata per lunghe pagine,
di un fico buonissimo davanti casa, bottarico o fiorone, “l’albero della fortuna”. Con le memorie
sempre grate del paese, sotto la Sila, guardando lo Jonio. Qui nella figura
dell’emigrato archetipico: vecchio, di ritorno dall’Argentina, dove ha perduto
la moglie e il figlio, e non ha fatto fortuna. E la consueta celebrazione del
ritorno, con i figli, i quattro amici dell’infanzia, i loro figli. In paesi
dove “oggi ci sono più abitazioni che persone”.
Il niente. Ma gradevole –
rincuorante.
Della serie della ditta Aboca, “storie che raccontano un mondo a partire da un albero”.
Carmine Abate, L’albero della fortuna, Aboca, pp. 171
€ 14
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