Nel 1968 gli anarchici tedeschi presero a
maestro il rabbino Taubes, l’autore dell’“Escatologia occidentale”, che rifaceva
in chiave nichilista l’“Apocalisse dell’anima tedesca” del suo maestro
cattolico Urs von Balthasar – con “prestiti” da Jonas e Goldberg, asserisce
Ranchetti. Un ermeneuta, esploratore dei sensi nascosti. “In divergente accordo”
col decisionista Schmitt. Il rabbino ne uscirà scongitto ma beneficerà, dopo Paul
Celan e Max Frisch, degli ardori di Ingeborg Bachmann, la poetessa.
Al rettore Taubes a Berlino hanno poi bruciato
l’insegna della Freie Universität, a lui l’“apocalittico della rivoluzione”, con
quel suo Dio che gioca a dadi, condannandoci in anticipo o redimendoci. La
bruciò uno studente Teufel, il diavolo. Taubes
era venuto con Scholem alla conclusione che “un tedesco è un tedesco, e un
ebreo è un ebreo”, e che un ebreo non si può dire “tedesco di confessione
ebraica, idiozia odiosa e indegna”. Nel convulso Sessantotto il rettore Taubes
aveva dato a Rudi Dutschke, da sinistra, il precetto del professor Paratore
alla Sapienza di Roma, d’imparare il latino. A Parigi, lamentava il rettore Taubes, tutti
vogliono lavorare su Heidegger, o su Nietzsche, anche quelli che non sanno il
tedesco. Prevaleva a Berlino, come a Parigi e altrove, la politica ideologica,
ribattezzata ideologia - l’ideologia tedesca. Che se non è razzismo è teologia.
Come nell’ebraismo, che, dice Taubes, “è teologia politica, questa è la sua
«croce»”.
“E in
una parola\il sogno è storia\e il somaro vola”, don Magnifico canta nella Cenerentola. La storia è unica in
questo, direbbe l’astuto giurisfilosofo Schmitt, che una verità storica è vera
una sola volta. Sostenne Carl Schmitt, l’“apocalittico antiapocalittico” di
Taubes, in contesa con lo stesso Taubes sul concetto nuovo del tempo e della
storia che si apre con il cristianesimo in quanto escatologia: “Il regno
cristiano è ciò che arresta (kat-echon) l’Anticristo”. Come altro
spiegare la storia dopo la prima e la seconda guerra mondiale? Si cambia il
mondo con giudizio: “Per un cristiano delle origini la storia è il kat-echon,
la fede in qualcosa che arresti la fine del mondo”. Spiega Taubes: “Solo
attraverso l’esperienza della fine della storia la storia è diventata una
«strada a senso unico», quale si rappresenta la storia occidentale”.
Perché
occidentale? A una curiosa inferenza si prestò il messianismo di Taubes nel suo
momento pubblico nel 1968, in quanto autore nel 1947, a ridosso della
catastrofe, di questa “Escatologia occidentale”. L’Urss non era Occidente, come
forse non lo è oggi la Russia restaurata, ma il suo kat-echon è
proprio la fine della storia - il paese
del resto è infertile alla filosofia, quella che dava le vertigini a Tauves, il
solo pensatore essendo Solov’ëv, il quale volentieri è mistico. Oggettivamente,
la Russia antifilosofica era il posto giusto per la rivoluzione materialista e
la fine della storia. Il
Batrace Breznev, avrebbero potuto dire Solov’ëv, e Schmitt e Taubes, è
l’Anticristo – e l’avrebbero fatto contento. Il problema della storia, questa
storia, è che si legge al rovescio. Benché, se la libertà è ideologia, il
sovietismo non è poi remoto, per quanto morto – non per caso Taubes è fatto proprio
ultimamente da Mario Tronti, vecchio “operaista” .
Gli
ultimi fini, siano pure determinati, ebraici e cristiani, fanno a meno della
storia? Sarebbe consolante ma non è possibile. Ma arrabbiarsi bisogna. Seppure
argomentando, sottili. Con lente e complesse letture del Cristo, e di san
Paolo, sant’Agostino, l’abate Gioachino da Fiore, e Hegel naturalmente,
Kierkegaard e Nietzsche, Marx compreso, quelli che hanno aperto, e forse chiuso,
ciclo “apocalittico”.
Taubes è
indefettibilmente
rabbino, sotto le sue varie professioni e rappresentazioni. Anche nel precoce
“dialogo” col cristianesimo, e nei confronti con Heidegger e con Schmitt.
L’escatologia occidentale, la storia dell’escatologia, è ebraica. Ma è un messianista anarchico -
uno che dava il meglio di sé nelle interviste, dice la presentazione.
Questo
che è il suo unico libro, da lui curato e pubblicato, la sua ricerca di dottorato, non ha altra chiave di lettura. Con la vecchia
prefazione di Ranchetti alla prima pubblicazione italiana, nel 1991, Elettra
Stimilli, che ha curato la riedizione, fa seguire l’interpretazione ardua della
storia antistorica, “Jakob Taubes e il senso antistorico dell’escatologia”.
Jacob Taubes, Escatologia occidentale, Quodlibet, pp.
325 € 24
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