Non
c’è più. Il pudore – e non c’è nemmeno il sesso, appena uscito dalle catacombe. Non
per effetto di repressioni o censure, ma piuttosto di autocensura (silenzio),
al punto dell’indifferenza. All’improvviso, con l’età dell’acquario. O di
internet, dove addirittura l’osceno si esibisce.
Il
candidato sindaco di Parigi ricattato mentre si masturba fa notizia perché è
amico di Macron ma non per la cosa - non è un eccentrico, è uno dei tanti. Il revenge porn è un crimine perché è
diffusissimo, diffondere immagini spinte di qualcuno, più spesso di qualcuna, lo
fanno tutti. E si condanna non l’immagine in sé, o il furto di essa, ma
l’esibizione a fini ricattatori, se ci sono. Ed è difficile da dimostrare perché
il ricatto è anch’esso slegato dall’osceno, difficilmente collegabile: non essendoci più osceno in luogo pubblico, resta solo da percorrere la traccia dei soldi.
L’esibizionismo è anzi di colpo diventato la norma. Non
c’è altra contesa, le immagini e i messaggi circolano autoprodotti e messi in
rete liberamente, con ansia anzi da prestazione. Non sono rubate, sono inviate
con preghiera di diffusione – i likes fanno aggio su tutto.
L’impudicizia è la
norma, e titolo di merito. Non c’è il pudore neppure in “senso eccezionale”, non
comune - l’unico argine è il politicamente corretto, la forma suprema di
ipocrisia.
Marta
vede in atto una controffensiva di bacchettoni contro l’amore libero. Ma allora
per un senso del pudore come senso del desiderio. Allo stato i bacchettoni non
hanno nulla da temere.
Marta
Boneschi, Il comune senso del pudore,
Il Mulino, pp. 204 € 15
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