domenica 2 febbraio 2020

Italia senza competenze - o del numero chiuso per le lauree inutili

“Nel primo trimestre, da Milano a Palermo, le aziende offriranno oltre 1,1 milioni di opportunità lavorative, il 30,6 per cento delle quali – 355 mila posizioni – potrebbero rimanere vacanti per manzacanza di profili adatti”, “Il Sole 24 Ore” – per mancanza di professionalità.
“Tra i giovani, il mismatch è ancora più alto, con picchi del 65 per ceto, specie per specialisti in scienze informatiche, fisica e chimica, mentre sono praticamente introvabili medici, diplomatici e Its laureati nelle discipline Stem”, ib. - cioè, in inglese, scienza, tecnologia, engineering, matematiche.
Nelle economie mature si sa, non da ora, che si sopperisce alla globalizzazione, alla perequazione mondiale dei saalri, con la specializzazione. Il lavoro si qualifica, per mantenere una redditualità elevata – a fronte della concorrenza imbattibile dell’Asia sulle produzioni e i servizi di massa.
Nella specializzazione s’inquadra anche l’immigrazione. Si riqualificano le competenze lasciando  i lavori meniali o di poco rendimento all’immigrazione. Che per questo si è moltiplicata e tende a crescere.
Anche questo è già noto, ed è un caso italiano come del resto dell’Europa, e del Nord America. Dove peraltro si sopperisce a eventuali, marginali, carenze di competenze, attraendo quelle dei paesi meno avvertiti. Tra essi l’Italia, col noto fenomeno delle migrazioni di qualità.
In Italia non se ne ha la percezione, e non vi è applicazione. Delle famiglie – per le quali una laurea  in “scienza” della comunicazione o della formazione, che non si nega a nessuno, è comunque “un titolo”. E delle istituzioni pubbliche, che dovrebbero informare e canalizzare.
Il numero chiuso andrebbe adottato per le lauree inutili. Ma non se ne può parlare.

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