Avanti! – Il nome del giornale
socialista, derivato dall’omonimo tedesco, il giornale della socialdemocrazia,
era in origine il soprannome del maresciallo prussiano Blücher, quello della
mossa decisiva contro Napoleone a Waterloo – dopo essere sta sconfitto e
catturato alla battaglia di Jena.
Brexit – “C’erano cose che non mi piacevano
del carattere nazionale degli inglesi”, scrive nel 1944 Ian Karski, il testimone
polacco della Shoah che è stato a Londra a lungo nel 1942: “Erano freddi e
formali. Molti non capivano l’Europa continentale e non se ne occupavano. Ma
erano ostinati, forti, realisti”.
Italiano - George Steiner volle
impararlo a quarant’anni passati, negli
anni 1970. E non su Dante, come tanti, ma su Malerba. Diventerà poi, con Walter
Pedullà, il massimo estimatore di “Horcynus Orca”, il romanzone sperimentale di
Stefano D’Arrigo – che proclamò a più riprese uno dei pochi grandi romanzi del
Novecento europeo.
Manzoni – Uno del Settecento lo
vuole Calvino, scrivendo a Moravia per esaltarne la contestata introduzione
all’edizione Einaudi Millenni del romanzo. Nel mentre che lo celebra - celebra
con Moravia anche Manzoni - lo dice “un borghese “ di “cultura settecentesca”.
Lo dice per evitare di doverlo dire romantico, che a suo avviso è un’ingiuria.
Ma sul romanzo va oltre: “«I Promessi Sposi» vanno valutati come un tardo libro
del Settecento più che dell’Ottocento”. Per “l’asciuttezza di sguardo, il
distacco signorile, la limpidezza di linguaggio, il gusto dell’ironia”. E cioè
“tutti i lussi dell’intelligenza di cui ha imparato a fruire frequentando la
letteratura francese”, e in Francia “gli illuministi, primo tra tutti il
Voltaire, molto più che il cattolicesimo romantico”.
Anche, in casa, perché no: i Verri, uno dei quali come un padre, forse di sangue, e il nonno Beccaria. Ma Manzoni illuminista?
Nebbia – Fa (buona) arte? Sul
“Venerdì di Repubblica” Valerio Valesi ne fa l’ipotesi, a proposito di Ligabue,
rilevando la Bassa padana fertile: “Si può dire che fu l’habitat naturale per
lui come per altri grandi visionari: da
Giovannino Guareschi a Cesare Zavattini fino al Giannantonio Cibotto di “Scano
Boa”, al Giuseppe Pederiali di “La
compagnia della selva bella”, all’Ermanno Cavazzoni di “Il poema dei lunatici”
o, andando indietro ne tempo, a Folengo e all’Ariosto”. L’arte che esce dalla nebbia.
Nudi – Erano la normalità fino al Cinquecento, con i differenti
impulsi sessuali. Si resta stupefatti girando per la Villa Farnesina a Roma alla
Lungara, il casino di Agostino Chigi, dallo sterminato numero di nudi, femminili
e maschili, in tutte le posture e in tutte le attività. di Raffaello compreso,
di Giulio Romano, del Sodoma, e
di Sebastiano del Piombo, chiamato per questo da Venezia, primi anni 1500. Si
direbbe una villino dei nudi, ma erano la normalità – i Chigi presto al
fallimento lo vendettero ai Farnese, al cardinale che poi sarà papa Paolo III –
non dei peggiori, e anzi ottimo. Roma era un’altra capitale della cristianità,
non tanto per la simonia e il nepotismo, ma per la “visione del mondo”, tutta
erotismo, anche nelle scene più o meno mitiche e storiche prese a pretesto
nella miriade di affreschi.
Oratoria – Benigni giovedì, a
Sanremo, Sorrentino venerdì, col finale del “New Pope”, hanno spopolato con discorsi
di alta, prolungata, oratoria. È il
“genere” del Millennio, a lungo prima in
bassa fortuna: la magniloquenza.
Non sembrerebbe, il linguaggio imperante, dei social, essendo frammentario e apodittico. Ma forse per mancanza di parole, le ambizioni sarebbero fluviali, comunque retoriche.
Salgari – Il suo maggiore, unico,
studioso e cultore è inglese, l’italianista Ann Larson Lucas. Lo lo ricostruisce
e analizza in tre corposi volumi, per 1.500 pagine, molto illustrate. Più uno
sui romanzi di avventura: altre 230 pagine, illustrate. Li pubblica Olschki,
per amatori. O per studiosi: Salgari all’accademia?
Scalfari – “Ci sono giornali, come
questo, che esprimono il cuore di una vasta comunità”: così Scalfari ha
commentato il 6 febbraio le lettere minatorie a lui indirizzate.
Un giornale-comunità, con input biunivoci, potrebbe essere una novità
vincente nel panorama desertico del giornalismo – al modo degli scambi
forsennati che fanno l’opinione dei social,
ma ben indirizzata, su fondamenta. Con la rinuncia dichiarata senza, senza più sotterfugi
e ipocrisie, alla pretesa di obiettività o verità, alla notizia separata
dall’opinione, alla lealtà. Un giornale-chiesa - quale probabilmente Scalfari ha cercato nella massoneria, e cerca con Martini e il papa.
Un dilemma però per Scalfari.
Avendo lui, dopo averlo creato, condotto “il partito di Repubblica”, la
comunità, in ogni occasione, senza eccezioni, alla sconfitta. Anche quando
aveva vinto le elezioni. Alla sconfitta politica.
Serbi – Si è contestato il Nobel
Handke, perché vent’anni fa fece l’elogio dei serbi, reduci dagli eccessi in
Bosnia. JoseppRth un secolo fa, esattamente nel 1922, andava più in là. Sulla
“Frankfurter Allgemeine Zeitung” scriveva, fra le tante lodi, proprio questa,
in tema di identità: “Popolo privo di pregiudizi nazionalistici, di ogni fanatismo
religioso, leale verso stirpi o razze diverse”. Mentre già allora tutti conoscevano
i serbi per nazionalisti, nel presunto irenisno dell’impero austro-ungarico,
della Vienna Felix, della Mitteleuropa.
Roth è pieno di acume politico nelle
altre sue corrispondenze giornalistiche. Ma era pieno anche del mito
austro-ungarico - ne sarà vittima, si può dire, nell’abbandono finale, suicida.
È vero però che Mladić, poi all’ergastolo
come criminale di guerra, inalberava il facsimile di khepì austro-ungarico. Pur
avendo i serbi, con l’assassinio del granduca, propiziato la guerra e il
dissolvimento dell’impero.
Tradizionalisti impazziti – “Un tradizionalista
impazzito” era Gadda secondo il perfido Montale, suo compagno di merende al
caffè delle Giubbe Rosse a Firenze negli anni 1930. Stando all’attendibile Tommaso
Landolfi, che ne scrisse viventi i due in una tarda testimonianza (ora in “Del
meno”. § “De minimis”), all’epoca anche lui frequentatore quotidiano del caffè
fiorentino: “Con una delle sue belle illuminazioni, il Montale definì una volta
(in viva intervista e senz’ombra di censura) il nostro diletto Gadda «un
tradizionalista impazzito»”. Landolfi concorda: “Per Giove, ecco una
definizione cui l’interessato dovrebbe (se già non l’ha fatto) sottoscrivere toto corde”. Aggiungendo: “L’interessato,
cioè gli interessati”. Perché “taluni invero non possono essere, come
tradizionalisti, che impazziti; ma d’altro canto non possono essere che
tradizionalisti… Taluni, del resto? – Meriterebbe anzi auspicare, tra tanti savi
ed accorti antitradizionalisti, addirittura una scuola letteraria dei
Tradizionalisti Impazziti”. Per sé professandosi sperimentatore – ovvero,
sperimentatore stanco.
Tutto subito – Joshua Radin ha portato
lunedì al Parco della musica a Roma un concerto che ha intitolato “Here Right
Now”. “Vogliono tutto subito, ma non sanno cosa vogliono”, disse Croce dei suoi
liberali radicali. Radin, un cantautore americano, uno dei tanti, vuole
l’amore, l’amicizia, l’accoglienza, e “il principio dell’autodeterminazione”. È
l’età dei diritti.
letterautore@antiit.eu
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