Golini, decano dei demografi
italiani, lo sa da tempo. Lo prospetta dagli anni dagli anni Novanta - succedendo
peraltro a Massimo Livi Bacci, che già negli anni da bere”, yuppie, dell’Italia
riccastra e rampante, avvertiva che senza nascite non c’è futuro. Le proiezioni
Onu, difficilmente a questo punto modificabili, danno all’Italia nel 2050 una
popolazione di 54 milioni di abitanti, rispetto ai 60 che conta da una trentina
d’anni a questa parte. I malthusiani del controllo delle nascite dovrebbero
esere contenti, tutto va per il meglio: meno bocche da sfamare, più elevato il
reddito pro capite. E invece sono preoccupati anche loro. Per almeno tre motivi:
per quanto ridotta, la popolazione sarà prevalentemente di vecchi; per i quali
non ci saranno più abbastanza risorse, per le pensioni e la sanità; il collasso
travolgerà anche i (pochi) giovani e attivi.
Lo Prete non ha dubbi, in
demografia il futuro è noto: “Altri dieci anni così e il paese sarà morto”.
Conciso e anche severo: “Si parla di emergenza demografica, ma abbiamo un calo
delle nascite da venti anni”. Da venticinque per l’esattezza, il primo segnale
veniva raccolto da “Il Mondo” nel 1995. E niente è stato fatto in questo quarto
di secolo per invertire la tendenza: favorire la costituzione di nuclei
familiari (alloggio), accudire gli infanti, consentire eventualmente a un
coniuge di non lavorare, per un periodo più o meno lungo (gli assegni familiari
coprono in Francia con tre figli lo stipendio iniziale), favorire il
reinserimento al lavoro dopo la maternità.
Forse no, l’Italia non finirà in
un decennio, forse si terrà su con gli immigrati. Ma non per sempre, finché il
suo patrimonio di conoscenze e di (scarso) capitale non si sarà esaurito. E non
nella leggerezza di spirito, o superficialità, oggi dominante. Meno donne fanno
meno figli. Per i problemi economici noti: il caro-casa, il reddito sempre più
incerto e in calo, l’insopprimibile allargamento della presenza femminile nel
mercato del lavoro. E per problemi anche di genere a generare. Ma il tutto nella
spensieratezza, che è la cifra dell’Italia in ogni aspetto: non solo non si
rimedia, non se ne parla neanche.
Santo Mazzarino, lo studioso del
crollo dell’impero romano, diceva la decadenza segnata dalla depressione. No, è
segnata dall’allegria – dalla frivolezza.
Antonio Golini-Marco Valerio Lo
Prete, Italiani poca gente, Luiss,
pp. 221, ill,. € 14
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