Le nuove gestioni – Deutsche Bank ha
rinnovato il management – caricano di
regola tutte le possibili perdite nel loro primo bilancio, imputandole alla
gestione precedente. Questo è anche il caso del gruppo tedesco, la maggiore
banca d’Europa, ma non esaurisce il potenziale di sofferenza.
Per valutare i
possibili sviluppi è utile il quadro che ne fa G.Leuzzi, “Gentile Germania”,
Robin ed., (il libro è di fine 2013, ma tuttora in edizione) alle pp.
97-100, § 4. Le colpe dell’Italia, “La ricetta Ackermann”:
“Sul debito
bisogna intendersi: la colpa qui, per la Germania, è senza dubbio dei latini.
Prendiamo il caso dell’Italia, dell’offensiva contro i Btp della primavera
2011, i buoni del Tesoro italiano. La Deutsche Bank, subito imitata dalle
banche tedesche minori, vendette tutti i suoi Btp, che allora quotavano a valori
superiori al nominale. Vendette cioè non per ricoprirsi da perdite ma per
guadagnarci. E a luglio ne informò il Financial
Times, dopo aver ricomprato Btp a termine, a prezzo prevedibilmente più
basso. E aver fatto incetta di credit default swap collegati ai
Btp, titoli di controassicurazione sul rischio insolvenza dell’Italia, sui
quali intanto lucrava un rendimento elevato. Con una mano. Con l’altra diffuse
a fine luglio un rapporto favorevole ai Btp.
“Un modello di speculazione. Fu l’inizio della crisi dell’Italia.
Innescata a freddo, non per caso. Era a capo di Deutsche Bank Josef Ackermann, “il
più potente banchiere del mondo” per il New
York Times. Potente coi politici, in Germania e fuori – in Italia aveva
Giuliano Amato a “maggior consulente”. Per Simon Johnson, capo economista al Fondo
Monetario, “uno dei banchieri più pericolosi del mondo”. Amministratore
delegato dal 2002, aveva impegnato Deutsche Bank nei mutui senza garanzie, la
bolla scoppiata nel 2007. Per queste e altre attività arrischiate della sua gestione
- la vendita di derivati agli enti locali in Italia e la manipolazione dei tassi
interbancari – la banca tedesca è tuttora la più coinvolta in azioni
risarcitorie, per fronteggiare le quali accantona in bilancio tre miliardi.
“Ackermann era stato a capo del Credit Suisse dal 1992 al 1996. Nel
1996 fu cooptato nel consiglio della Deutsche Bank e in quello della
Mannesmann, la banca e la fiduciaria più potenti della Germania. Nel 2002,
subito dopo l’ascesa al vertice della Deutsche, era stato accusato a Düsseldorf
di corruzione nell’acquisizione di Mannesmann da parte di Vodafone, nel 1999.
Assolto rapidamente, ebbe la sentenza cassata dalla Corte Costituzionale. In
appello, quattro anni dopo, aveva patteggiato un indennizzo di 3,2 milioni, col
diritto di dichiararsi non colpevole.
“Nella prima parte dell’affare, la cessione da parte di Olivetti di
Omnitel Pronto Italia, nota coi marchi Wind e Infostrada, a Mannesmann, la
Oliman, finanziaria di diritto olandese del gruppo italiano, allora di Carlo De
Benedetti, realizzò una plusvalenza di 14.200 miliardi di lire. Düsseldorf
contestava inizialmente – la traccia fu presto trascurata – il trasferimento di
tali ingenti somme, a carico e a beneficio di Mannesmann, in paradisi fiscali.
Olivetti si risparmiò nella vendita Omnitel 3.800 miliardi d’imposta al fisco
italiano, il 27 per cento della plusvalenza. Nello stesso 1999 Mannesmann aveva
ceduto Wind e Infostrada all’Enel, allora gestito da Franco Tatò, per 11 mila
miliardi.
“A settembre del 2008 Ackermann aveva salvato la Hypo Real Estate, il
gruppo tedesco specialista dei mutui, vicino al fallimento per la crisi. Un piano
pubblico di salvataggio da 35 miliardi era stato autorizzato dall’Ue a
condizione che i soci ne sottoscrivessero un quarto, 8,5 miliardi. I soci si
rifiutarono. Seguì una fase concitata, con Hypo falliva la Germania modello.
Angela Merkel si rivolse allora ad Ackermann, che in poche ore trovò la somma.
L’anno dopo Merkel contraccambierà, ricapitalizzando Deutsche Bank con la cessione
a condizioni di favore della banca di Deutsche Post – senza obiezioni di
Bruxelles. A metà ottobre 2013 la Süddeutsche
Zeitung calcolava in 290 miliardi gli interventi del governo tedesco dal
2008 a favore delle banche. Una cifra record. Ma molti interventi sono del tipo
propiziato da Ackermann, e poi a lui ricambiato”.
Con una
coda:
“Un metodo, insomma, che è una dittatura, il criterio gestionale dello
spregiudicato svizzero, del mordi e fuggi. Del breve e brevissimo termine, del
guadagno immediato, dello “strozzo”. Nel quale ha inciampato nell’ultimo
incarico, la presidenza di Zurich Insurance, avendo vessato il direttore
finanziario della compagnia al suicidio, agosto 2013. Una sorta di Shylock, il
mercante di Venezia di Shakespeare, meno loquace ma, se possibile, più
spietato, quello che chiedeva la libbra di carne viva a chi non pagava il
prestito.
“A maggio 2012 Ackermann sarà in pratica licenziato, dai piccoli azionisti
Deutsche, e dai grandi. Ma dodici mesi prima proiettava “una lunga ombra
sull’Europa”, notò il New York Times.
In precedenza, il 18 ottobre 2010, sul lungomare di Deauville, Angela Merkel
aveva imposto a Sarkozy, quindi all’Ue, il principio che “gli Stati possono
fallire” - la Grecia, ma non solo. Era la ricetta Ackermann: non ristrutturare
il debito (allungare le scadenze, tagliare gli interessi) ma farlo pagare con
l’austerità, anche cruenta. A questo fine limitando gli aiuti Ue. Il capo della
Banca centrale europea, Jean-Claude Trichet, francese, reagì furioso: “Non vi
rendete conto di cosa provocate”. Ma il suo presidente, lo statista emerito
Sarkozy, lo mise a tacere.
“Al contempo, in una
sorta di divisione del lavoro sporco, i consiglieri monetari di Angela Merkel
impediva-no alla Bce ogni intervento calmieratore, Axel Weber, Jürgen Stark,
Jens Weidmann. Tre personaggi influenti, accreditati portavoce della migliore
Germania, di saggezza incontestabile e potere decisivo. Anche se il curriculum
di Weidmann si limita a una laurea (non di dottorato), e ad alcuni anni di
servizio nella segreteria di Angela Merkel…”.
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