lunedì 17 febbraio 2020

Poesia e manicomio


Dal lascito di Oreste Macrì, l’ispanista, che ha aiutato Alda Merini in vari modi, anche finanziariamente, due raccolte a lui indirizzate, più alcune lettere. E una serie di poesie sull’“amore peninsulare” (Giorgioo Manganelli) di Merini con Pierri, a Taranto. Un volume composto all’insegna della pugliesità – Macrì, una vita a Firenze, era di Maglie.
Una singolare pubblicazione. “Confusione di stelle” è titolo redazionale per componimenti per lo  più inediti, qui raccolti per la prima volta, organizzati da Riccardo Redivo. Sempre nell’alveo del fenomeno Merini. L’emozione di una poesia alluvionale, di fronte alla quale lo stesso curatore, cultore della materia, procede frastornato. Di versificazione, immaginativa, controllata, ritmica, anche rimata, fluida, come un linguaggio quotidiano. Qui con punte di professione religiosa. E anche di acredine – solo con figure femminili. A partire da Emily Dickinson: pochi versi ma epigrammatici, velenosissimi.
Un fenomeno ancora in attesa, malgrado la persistenza, e il richiamo esteso, di una sistemazione critica. Redivo, che più di tutti vi si è dedicato (dopo i grandi nomi che accudirono Merini agli esordi, negli anni 1940-1950, e prima del manicomio, Spagnoletti, Corti, Manganelli), trova ancora evidenti difficoltà. Lo scoglio maggiore è la malattia mentale: come si concilia tanta facilità verbale, di versificazione anche complessa, e comunque pregnante (parlante), con la malattia mentale. Dove il problema, però, potrebbe non essere di filologia ma di medicina, della mente. Della “malattia” e non della versificazione – dopo i tanti pazzi ottimi poeti, da Hölderlin a Robert Walser. La psichiatria si è molto affinata da qualche decennio, e ha affinato le sue classificazioni. Ma ancora non ha un percorso per il genio.
Alda Merini Confusione di stelle, Einaudi, pp. XXV + 125 € 12,50

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