“Monumenti Archeologia e
Urbanistica nella Roma di Napoleone” è il sottotitolo: la mostra è dei progetti
che avrebbero dovuto fare di Roma, nei piani di Napolone, la seconda capitale
dell’impero dopo Parigi. Una Roma che Napoleone, benché l’abbia conquistata due
volte, non ha mai visitato – né l’ha visitata il duca di Reichstadt, il figlio
che Napoleone ebbe da Maria Luisa d’Austria nel 1811, e nominò alla nascita “re
di Roma”. Ma sì i suoi familiari, in gran numero, fratelli, sorelle, nipoti, e
la madre Letizia. Specie dopo Waterlooo.
Una Roma fantasma di un
imperatore fantasma. Ma una storia che avrebbe potuto essere diversa, molto. I
progetti urbanistici sono ancora oggi stupefacenti, per rapidità di esecuzione
e ampiezza. . Avrebbero evitato a Roma il sacco postunitario, l’avrebbero
caratterizzata come metropoli verde, anche al di là delle dimensioni più che
rispettabili del verde residuo, con i progetti di ville e parchi poi
lottizzati. E l’avrebbero costretta a diventare “seria”.
La villa di Cesare avrebbe
racchiuso piazza del Popolo, monumentale come è ora, in un parco dal Pincio al
Tevere. Un parco Archeologico avrebbe collegato villa Borghese, attraverso una
larga fascia verde a ridosso dell’Accademia di Francia, dove ora sono via
Veneto, Barberini, Tritone, al Foro Romano e al Campidoglio – Praz ne tratta in
dettaglio in “Panopticon romano”. Il sindaco di Roma già si chiamava e firmava
“le maire”, ma poi non se ne è fatto nulla.
Con alcune curosità. Tra
esse la Paolina sposa Borghese, sposa cioè di un principe romano, e immortalata
a Roma da Canova, la quale a Roma non ci stette quasi mai, lasciando solo il
principe di cui aveva preso il nome e il titolo, per divertirsi a Parigi. Salvo
rifugiarsi anch’essa a Roma dopo la caduta, e perseguitare il marito - che la
riaccettò infine a Firenze, dove si era stabilito. Che però vive di vita
propria, nel marmo. La Venere Italica, che
suscitò passioni comuni a Foscolo, Flaubert (“mi si perdoni, è stato da molto
tempo il solo bacio sensuale”) e al popolo, al punto che si dovette ordinare il
trasferimento della statua di Canova dalla romana villa Medici a Firenze,
perché “ben spesso con parole e con gesti dei più scorretti abusata” — tutti
evidentemente inconsci del carattere “cimiteriale” che Roberto Longhi le
attribuiva.
La migliore impressione –
napoleonica? ma senza nepotismo – la dà il museo che prende il suo nome, di
Napoleone. Che appartiene ai musei di Roma, ma non si direbbe. Pulito, curato,
semplice, senza l’ingombro di personale degli altri, con materiali didascalici
precisi e chiari, in disponibilità per tutti, un’illuminazione giusta, che
amplia e nobilita i locali angusti, una disposizione sapiente dei materiali,
per una migliore valutazione. Sarà un altro miracolo del Napoleone assente –
l’“uomo forte” che gli italiani agognano?
Aspettando l’imperatore, Museo Napoleonico, Roma
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