lunedì 3 febbraio 2020

Roma capitale di Napoleone

“Monumenti Archeologia e Urbanistica nella Roma di Napoleone” è il sottotitolo: la mostra è dei progetti che avrebbero dovuto fare di Roma, nei piani di Napolone, la seconda capitale dell’impero dopo Parigi. Una Roma che Napoleone, benché l’abbia conquistata due volte, non ha mai visitato – né l’ha visitata il duca di Reichstadt, il figlio che Napoleone ebbe da Maria Luisa d’Austria nel 1811, e nominò alla nascita “re di Roma”. Ma sì i suoi familiari, in gran numero, fratelli, sorelle, nipoti, e la madre Letizia. Specie dopo Waterlooo.
Una Roma fantasma di un imperatore fantasma. Ma una storia che avrebbe potuto essere diversa, molto. I progetti urbanistici sono ancora oggi stupefacenti, per rapidità di esecuzione e ampiezza. . Avrebbero evitato a Roma il sacco postunitario, l’avrebbero caratterizzata come metropoli verde, anche al di là delle dimensioni più che rispettabili del verde residuo, con i progetti di ville e parchi poi lottizzati. E l’avrebbero costretta a diventare “seria”.
La villa di Cesare avrebbe racchiuso piazza del Popolo, monumentale come è ora, in un parco dal Pincio al Tevere. Un parco Archeologico avrebbe collegato villa Borghese, attraverso una larga fascia verde a ridosso dell’Accademia di Francia, dove ora sono via Veneto, Barberini, Tritone, al Foro Romano e al Campidoglio – Praz ne tratta in dettaglio in “Panopticon romano”. Il sindaco di Roma già si chiamava e firmava “le maire”, ma poi non se ne è fatto nulla.
Con alcune curosità. Tra esse la Paolina sposa Borghese, sposa cioè di un principe romano, e immortalata a Roma da Canova, la quale a Roma non ci stette quasi mai, lasciando solo il principe di cui aveva preso il nome e il titolo, per divertirsi a Parigi. Salvo rifugiarsi anch’essa a Roma dopo la caduta, e perseguitare il marito - che la riaccettò infine a Firenze, dove si era stabilito. Che però vive di vita propria, nel marmo. La Venere Italica, che suscitò passioni comuni a Fo­scolo, Flaubert (“mi si perdoni, è stato da molto tempo il solo bacio sensuale”) e al popolo, al punto che si dovette ordinare il trasferimento della statua di Canova dalla romana villa Medici a Firenze, perché “ben spes­so con parole e con gesti dei più scorretti abusata” — tutti evi­dentemente inconsci del carattere “cimiteriale” che Roberto Longhi le attribuiva.
La migliore impressione – napoleonica? ma senza nepotismo – la dà il museo che prende il suo nome, di Napoleone. Che appartiene ai musei di Roma, ma non si direbbe. Pulito, curato, semplice, senza l’ingombro di personale degli altri, con materiali didascalici precisi e chiari, in disponibilità per tutti, un’illuminazione giusta, che amplia e nobilita i locali angusti, una disposizione sapiente dei materiali, per una migliore valutazione. Sarà un altro miracolo del Napoleone assente – l’“uomo forte” che gli italiani agognano?

Aspettando l’imperatore, Museo Napoleonico, Roma

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