Giuseppe Leuzzi
Alessia
Candito è inviata nella Piana di Gioia Tauro dal “Venerdì di Repubblica” a
trovare gli africani morti di virus. Non ce li trova, ma fa lo stesso il
richiesto articolo di colore sulle bidonville. Eroico perché, nonché i morti, non c'è neanche il razzismo, nel posto probabilmente più accogliente, e comunque
umanamente più civile, verso gli immigrati africani, in tutta Italia.
E
forse nemmeno più le bidonville, se non si riesce a fotografarle.
“Il mio vicino
ha votato contro di me”, confida a “Io Donna” un volenteroso expat italiano a Londra, desolato
dal Brexit. Partono sempre i bastimenti, per terre assai lontane. Ma senza bisogno
e per andare al peggio non si era ancora mai visto.
L’interpellato
di “Io Donna” è di famiglia leghista, e i leghisti guardano a Nord?
E la mafia?
A quaranta
giorni dall’inizio riconosciuto e dichiarato del contagio si osa dire - “la Repubblica” osa, per
l’autorevolezza del suo direttore - che, forse, perché no, bisognerebbe
chiudere la Lombardia: “I numeri di contagi e morti mostrano che la regione è
un caso a parte. Serve il coraggio di isolarla per due settimane”. Ma con
calma.
Il pericolo in
questa fase dell’epidemia è la Rivoluzione Nazionale a Palermo, della spesa
gratis. Con gli analoghi gruppi militanti di facebook – sempre a Palermo,
ovviamente con la mafia.
Anche Giovanni
Veronesi è del parere, su “La Lettura”:
che starà facendo la mafia? Le mascherine.
Ma sulle mascherine
il Sud non è solo: la concorrenza è forte. Si vede dai tanti articoli di
giornale in cui i fabbricanti di mascherine denunciano i concorrenti – non li denunciano direttamente, li fanno denunciare dai giornalisti, tramite i vispi uffici milanesi di pr.
Questa non è
mafia naturalmente – almeno ancora no, non è morto nessuno. Ma la rapacità non
è da meno.
Il Sud non fa
notizia
Le
uniche notizie dal Sud in tempo di virus sono le intemperanze del De Luca di
Napoli e di Emiliano a Bari, la spesa
gratis dei Gruppi Rivoluzionari di Palermo (sperando che si ripetano, sono singolarmente
inattivi), i bambini della scuola materna della stessa Palermo di cui la direttrice
lamenta che non hanno il laptop a casa,
nemmeno un tablet (il computer a cinque anni?), e il De Luca di Messina, col
sindaco di Bari Decaro, in piazza per il distanziamento. Per le terre incognite
il giornalismo ha bisogno di “colore”. Al Sud di eccentricità (follia), e di mafia.
Altrimenti il Sud “non fa notizia”.
Molti
anni fa, non molti ma si direbbero secoli, l’Iran “non faceva notizia”. Se non
per la moglie dello scià, Farah Diba. I movimenti politici contrari al regime
imperiale erano numerosi e attivi, dentro e fuori, e i prigionieri politici
migliaia, ma non facevano notizia. Poi la Francia (la Francia di Giscard
d’Estaing: la massoneria buona?) s’inventò Khomeini, o il primo passo verso
l’islamismo al potere, e all’improvviso il regime più stabile e noioso del
Medio oriente crollò, con conseguenze che ancora paghiamo, noi e gli iraniani –
e gli stessi islamici.
Il
Sud ha bisogno di un Khomeini per fare notizia? Di un’interruzione – una sollevazione,
un contagio velenoso (i terremoti non bastano più)? Ha bisogno di una scossa,
fuori dall’inerzia ebete. E, certo, di una “massoneria” che la imponga, di collegamenti,
di uscire dall’isolamento. Che però continua a cercare in Italia, cioè al Nord.
La peste a
Milano
Non
si sa se piangere o ridere di questa peste del 2020 con cui la Lombardia ha
infettato l’Italia e mezza Europa. Poiché è così, si comincia ad ammetterlo. Garattini onesto, dall’alto dei suoi novanta anni, il fondatore e presidente
tuttora attivo dell’Istituto di ricerche farmacologiche “Mario Negri” a Milano,
pur con un linguaggio prudente e anzi contorto lo spiega a Paolo Berizzi, “la
Repubblica”, venerdì:
Estratti:
“Il
senso della vita viene prima del senso degli affari. Ma qualcuno, forse, ha
invertito le priorità”.
“Se
nella nostra Regione i numeri sono così alti è anche perché non hai fermato
prima le aziende. E comunque, anche se avevi deciso di tenerle aperte, non hai
protetto i lavoratori, che continuavano a spostarsi per andare in fabbrica.
Così si sono moltiplicati i contagi”. Non si sono chiuse le fabbriche, spiega
l’eminente farmacologo, non si sono protetti i lavoratori, in fabbrica, e nei
pendolarismi.
“Non
abbiamo nemmeno protetto chi lavora negli ospedali e nei luoghi di cura, nelle
case di riposo, negli studi medici”.
“La
mancata attuazione della zona rossa in valle Seriana”, sopra Bergamo, “nonostante
l’allarme lanciato dall’Istituto superiore di s anità, fa molto pensare”.
“Alla
tutela della salute si è anteposta l’economia, il lavoro, la produzione a tutti
i costi”.
Di
Bergamo, la sua città: “Il combinato disposto di più fattori l’ha trasformata
in un terreno di guerra”. Questi i fattori: “Mancata chiusura del focolaio Alzano-Nembro,
e dunque circolazione degli uomini e delle merci. Ospedali e personale non attrezzati…
Eventi di massa come la partita Atalanta-Vaencia”. La mancata “mappatura dei lavoratori
delle fabbriche” - “Fare i tamponi a tutti i lombardi in questo momento è
impossibile, ma bisognava farli a chi, sul posto di lavoro, poteva essere contagioso”.
Bisogna
naturalmente piangere. Ora che ci sono i morti, tanti morti, e anche dopo. Ma
la lezione da trarre è inevitabile, e anzi d’obbligo: l’approccio leghista alla
cosa pubblica - “ho ragione io, io so e sono più e meglio di tutti, e non rompete” - è sciocco, è perdente, e nel caso
assassino. Per gli stessi leghisti, certo, ma con danni enormi per chi riescono
a contagiare, o controllare, senza difese o anticorpi possibili, che sono gli
italiani.
Si
dice: Milano ha sbagliato per voler lavorare, non per andarsene in Costa Azzurra
o ai Caraibi. Non è vero nemmeno questo, poiché se ne sono andati nelle seconde
case in Liguria, in Lunigiana e nelle Marche – oltre che in Puglia, Calabria e
Sicilia.
Ma, poi, anche la fuga non è “sistema”. Milano ha sbagliato e sbaglia per il vizio
bauscia, del faccio tutto io sbruffone. Che funziona bene per vendere. Meno
bene per produrre – bisogna avere antenne, ascoltare, conoscere il mondo. Per nulla
in politica: i governi milanesi, da Berlusconi a Monti, sono stati deleteri,
per il Sud ma non solo – specie il professore Monti, che ha disseminato patrimoniali
su ogni canto della vita quotidiana, anche minimo, dalla bolletta della luce (come
farne a meno?), al conto corrente, per continuare a spendere a favore di chi
già aveva, deprimendo ogni tipo di spesa e la stessa vita economica.
Non
c’è una lezione per il Sud da questo disastro. Se non di capire dove Milano è
utile, o può esserlo (saper vendere) e scrollarsi di dosso lo stigma leghista,
che tanta parte ha nei suoi disastri. Suoi del Sud. Dalle saghe mafiose dei media alle
banche.
Il contagio
venuto dalla ricchezza
Il
coronavirus si è diffuso tra- e da- le regioni ricche: Hubei in Cina, Lombardia,
Catalogna, New York, ora Londra.
Dalle
metropoli o aree a maggiore densità demografica? Non necessariamente: Seul, Shangai,
Hong Kong, Singapore se ne sono tenute fuori.
Anche
queste megalopoli, per la verità, sono ricche – anche se meno, forse, di quelle
più colpite dal virus. Ma sono ben governate. Democraticamente, non col pugno
di ferro, eccetto Shangai.
Dov’è
la differenza, allora, che fa una regione più contagiosa? Nella ricchezza, si
direbbe, col malgoverno. Che non è solo corruzione, è anche superficialità e
supponenza.
Il
primato vuole sfrontatezza, e presuppone (concede) superficialità? Perché no.
leuzzi@antiit.eu
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