Si è
moltiplicato il numero dei non praticanti. È aumentato di un terzo il numero di
coloro che non si riconoscono in nessuna fede. Ed è passato da 5 al 23 per
cento il numero di coloro per i quali la fede in Dio è da ingenui o
sprovveduti. Con la conferma della perdita di richiamo dei riti religiosi:
matrimoni, funerali, messe. Si è triplicato, dal 10 al 30 per cento, il numero
di chi dichiara di non partecipare ad alcun rito religioso – eccetto quelli
sociali, matrimoni e funerali. Analogamente è cresciuto il numero di chi dice
che Dio non c’è – più spesso nell’ottica del bene indefettibile (se ci fosse Dio
non ci sarebbe il male).
Manca la
statistica sui battesimi, ma è da presumere che diminuiscano nella stessa
proporzione: i matrimoni con rito religioso sono passati dal’83 per cento del
totale al 57 (ma la percentuale è più larga se si considerano le convivenze),
ed è da presumere che i figli dei matrimoni civili (e delle convivenze) non
siano battezzati. Ma è solo una piccola minoranza, uno su dieci, chi nega senza
dubbio Dio. Mentre quattro su dieci credono in una “potenza maligna”. Due su
tre ritengono perfino di avere avuto una grazia o un favore divino. E aumenta
pure, curiosamente, chi si identifica con la chiesa per educazione o
tradizione, dal 27 la percentuale è salita al 43 per cento.
Il
panorama di una confusione – della confusione dell’età della crisi? Il
sottotitolo di Garelli è “Il sentimento religioso nell’Italia incerta di Dio”.
Franco
Garelli, Gente di poca fede, Il
Mulino, pp. 256 € 16
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