Fantapolitica. Di un poligrafo. Morto
precoce e dimenticato, ora in via di rivalutazione, dopo la traduzione inglese
delle “Confessioni” e la riedizione delle altre numerose opere. L’umorismo è il
solo genere non rivalutato accademicamente in Italia, dopo il giallo e, perfno,
il rosa, benché sia parte cospicua della tradizione nazionale. Ma Nievo sembra
bucare questa corazza. Per altri aspetti è un precursore. Per esempio della
durezza del Sogno Americano, “Il barone Nicastro”. O di Pasolini, da friulano,
per l’abbandono e il traviamento morale del mondo contadino. Anti-socialista
come pochi – ma con argomenti. Traduttore di Heine – cioè lettore acuto del germanesimo.
Qui, nel gennaio-febbraio del
1860, mutilata la vittoria di Solferino da Napoleone III con l’armistizio di Villafranca
e la pace di Zurigo, non restava al patriottissimo Nievo che Garibaldi. E, per
il vizio della scrittura, una consolazione nei secoli futuri. In forma di satira
dei “concerti”, degli accordi diplomatici fra potenti e potenze, e dei
congressi.
Un libro inutile. Uno sfogo, un
passatempo, un divertimento – una compensazione attraverso la satira. Ma Nievo
anche per questo si ripropone scrittore solido - se non è l’unico - di metà
Ottocento. Il futuro a tre secoli si conclude con l’invenzione degli
“omuncoli”, “detti anche uomini di seconda mano, o esseri ausiliari”, i robot.
L’invenzione delle “omuncule” porrà invece dei problemi - “e i diritti delle
donne furono salvi” (furbo, no?).
Altre brevi prose infiorettano
questa edizione della “Storia filosofica”, sempre sugli artifici diplomatici:
cinque brevi pièces o discorsetti da
odierno talk-show . Curata con utile
introduzione e una messe sterminata di note da Emilio Russo.
Non finisce bene: alla
depressione epidemica e all’abuso di narcotici, al vertice del benessere
materiale, si aggiunge nell’umanità l’“apatia”, una specie di odierna cultura
della crisi.
Ippolito
Nievo, Storia filosofica dei secoli
futuri, Salerno, remainders, pp.133 € 4,50
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