lunedì 2 marzo 2020

Dove andrà l’Europa

Nel futuro di Nievo, 2222, palindromo in tutto, “l’Inghilterra mercanteggia muta e miope come un secolo prima l’Olanda” – un secolo prima del 1860. L’Europa invece ha avuto varie vicissitudini. È stata divisa tra Germania e Russia. Finché la Francia, un altro Bonaparte, non “rese possibile il progetto di una lega europea”. Ma “per arrivare a ciò”, a “una terza potenza”, “bisogna molti anni ancora, e più di tutto una rivoluzione in Russia”. Dopodiché un “Papa della buona gente” si erge in Germania che domina l’Europa. Ci vorranno solide impreviste alleanze per eliminarlo, e presto non resterà più nulla: “Cresceva l’emigrazione dall’Europa, crescevano le conversioni degli asiatici, e la nuova federazione dell’Asia centrale diventava un’importante novità”.
Fantapolitica. Di un poligrafo. Morto precoce e dimenticato, ora in via di rivalutazione, dopo la traduzione inglese delle “Confessioni” e la riedizione delle altre numerose opere. L’umorismo è il solo genere non rivalutato accademicamente in Italia, dopo il giallo e, perfno, il rosa, benché sia parte cospicua della tradizione nazionale. Ma Nievo sembra bucare questa corazza. Per altri aspetti è un precursore. Per esempio della durezza del Sogno Americano, “Il barone Nicastro”. O di Pasolini, da friulano, per l’abbandono e il traviamento morale del mondo contadino. Anti-socialista come pochi – ma con argomenti. Traduttore di Heine – cioè lettore acuto del germanesimo.
Qui, nel gennaio-febbraio del 1860, mutilata la vittoria di Solferino da Napoleone III con l’armistizio di Villafranca e la pace di Zurigo, non restava al patriottissimo Nievo che Garibaldi. E, per il vizio della scrittura, una consolazione nei secoli futuri. In forma di satira dei “concerti”, degli accordi diplomatici fra potenti e potenze, e dei congressi.
Un libro inutile. Uno sfogo, un passatempo, un divertimento – una compensazione attraverso la satira. Ma Nievo anche per questo si ripropone scrittore solido - se non è l’unico - di metà Ottocento. Il futuro a tre secoli si conclude con l’invenzione degli “omuncoli”, “detti anche uomini di seconda mano, o esseri ausiliari”, i robot. L’invenzione delle “omuncule” porrà invece dei problemi - “e i diritti delle donne furono salvi” (furbo, no?).
Altre brevi prose infiorettano questa edizione della “Storia filosofica”, sempre sugli artifici diplomatici: cinque brevi pièces o discorsetti da odierno talk-show . Curata con utile introduzione e una messe sterminata di note da Emilio Russo.
Non finisce bene: alla depressione epidemica e all’abuso di narcotici, al vertice del benessere materiale, si aggiunge nell’umanità l’“apatia”, una specie di odierna cultura della crisi.  
Ippolito Nievo, Storia filosofica dei secoli futuri, Salerno, remainders, pp.133 € 4,50

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