Questo saggio Susan Sontag non
riprenderà nelle sue successive raccolte. Forse per i numerosi errori di fatto
in cui incorre, che nella riedizione del “New Yorker” emergono nella
corrispondenza successiva con i lettori (il saggio è leggibile anche in italiano,
https://abbattoimuri.wordpress.com/2015/02/23/il-fascino-fascista-di-susan-sontag
https://abbattoimuri.wordpress.com/2015/02/23/il-fascino-fascista-di-susan-sontag
ma senza le lettere al direttore
e le risposte di Sontag). Un copia e incolla da Kracauer, “Dal gabinetto del
dott. Caligari a Hitler”. L’errata attribuzione a Riefenstahl di un
documentario su Hitler, “Berchtesgaden über Salzburg”. E di un’amicizia con
Hitler “certamente anteriore al 1932 (una versione è che si incontrarono in una
località della costa Baltica nei tardi anni 1920)”, mentre la regista fu
cercata da Hitler, per un film di propaganda, nel 1933. Un documentario sulla
Wehrmacht, “Tag der Freheit: unser Wehrmacht”, 1933, girato in un giorno,
scambiato per “il terzo film” della regista, nel 1835. I film per cui
Riefenstahl è nelle cineteche, “Il trionfo della volontà” e “Olympia”, premiato
a Venezia, ridotti a opera di propaganda, organizzati e pagati dal partito nazista. Dando come assodato che “quattro dei sei film che ha diretto sono documentari, fatti per e finanziati dal
governo nazista”.
Sontag nega anche l’ostilità di
Goebbels alla regista, altrimenti notoria. E liquida i processi a Riefenstahl
dopo la guerra, “giudicata due volte, assolta due volte”, dagli americani, come
impostati male – la sentenza è infatti chiara: “Nessuna attività politica a
sostegno del regime nazista che meriti una condanna”. Incongruamente sostenendo
infine che Riefenstahl si rivaluta solo perché donna, perché prima, e
indubbiamente abile, regista donna, al punto da trascurare di dirla nazista – su
questo ha provocato una lunga protesta di Adrienne Rich.
Ma non ci sono solo gli errori materiali:
la rilettura dal saggio suona sinistra mezzo secolo dopo. A proposito del
“fascino” ricorrente del fascismo. Che Sontag rilevava persistente nell’immaginario
(grafica, pubblicità) e nei film. Nelle commedie musicali di Busby Berkeley,
“Banana Split”, o “Fantasia” di Disney, degli anni di guerra, come in “2001” di
Kubrik. O nel filone di quegli anni di film sadomaso d’autore: “La caduta degli
dei” di Visconti, 1969, il Mishima della morte teatrale, 1970, “Il portiere di
notte” di Cavani, 1974 (le manca di Pasolini “Salò-Sade”). Di cui il prototipo dice “Scorpio Rising” di Kenneth Anger, 1963, che l’estetica del fascismo nutrirebbe d’immagini di occultismo, muscolosi bikers
in varie fogge, cattolicesimo, omosessualità querula, e divismo, sui santini di
James Dean e Marlon Brando. Al fascismo lasciando l’eroismo. L’erotismo, non
solo sadomaso: “Il leader fa venire la
folla”, venire nel senso di sborrare. Più e meglio del comunismo: “Certamente
il nazismo è più «sexy» del comunismo”. La bellezza e il culto della bellezza: la
colpa di Riefenstahl con i Nuba è di aver fatto “un’elegia della bellezza e dei
poteri mistici dei primitivi in via di estinzione” – specialmente apprezzandoli
come “un popolo mistico con un senso artistico straordinariamente sviluppato (uno
dei pochi beni che ognuno possiede è una lira)”. L’estetismo: di Riefenstahl,
e di un lungo elenco, Céline, Benn, Marinetti, Pound, Pabst, Pirandello,
Hamsun. Anche l’ecologia, che la
Germania praticava già da mezzo secolo, Walter Benjamin compreso, Susan Sontag
lascia al fascismo: i film di montagna di Riefenstahl attrice dice “un’antologia
di sentimenti protonazisti”.
Una celebrazione del fascismo,
pretendendo di negarlo. Del comunismo salvando Djiga Vertov: “«Il trionfo della volontà» e «Olimpiade» sono indubbiamente film superbi (possono essere i due più
grandi film documentari mai fatti), ma non sono poi importanti nella storia del
cinema come forma d’arte. Nessuno che faccia film oggi allude a Riefenstahl,
mentre molti registi (inclusa io stessa) considerano il regista sovietico Djiga
Vertov una inesauribile provocazione e una fonte di idee sul linguaggio del
cinema”. Riefenstahl vs.Vertov,
dunque – che, però, sarebbe d’accordo?
Susan
Sontag, Fascinating Fascism, “The
New Yorker”, free online
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