Blitzkrieg – Non è
invenzione tedesca. Il fuoco semovente fu invenzione di Machno, il capo dei
Verdi del Diciassette, poi fatto fuori dai Rossi, che con le sue tačanke, i calessi da cavallo, portava
mitra e cannoncini ovunque all’istante. Machno c’è pure in Babel’, nell’“Armata
a cavallo”.
È
tecnica da veri combattenti, le battaglie devono finire rapide. La guerra è limitata e deve terminare, lo sapeva perfino
Napoleone, che non vinse tanto le guerre quanto le paci. Il 31 marzo del 1797
lo spiegò a Carlo d’Asburgo: “I buoni militari fanno la guerra e desiderano la
pace. Alla fine di questa guerra noi avremo ucciso, da una parte e dall’altra,
molti uomini. Ma bisognerà che finiamo per intenderci, tutto ha un termine,
pure l’odio”.
Napoleone
fu un diplomatico, si sa, sul campo vinse, può dire Marinetti, perché “in
alcune battaglie ebbe tutti i suoi portaordini uccisi e quindi tutti i suoi
generali autonomi”.
Duchessa di Castro – Oggi è Camilla di
Borbone delle Due Sicilie, figlia di Camillo Crociani, amministratore delegato
di Finmare e presidente di Finmeccanica, studi alla Marymount High School di
New York, e alla New York University, sposa di Carlo di Borbone–Due Sicilie,
madre di Maria Carolina, duchessa di Calabria e di Palermo (ma il titolo è
contestato da un cugino Borbone-Spagna), e di Maria Chiara di Borbone.
La prima duchessa di Castro era stata Margherita d’Austria, figlia naturale
di Carlo V con l’amante Giovanna van der Gheynst, di una famiglia di arazzieri.
Maritata ad Alessandro “il Moro” dei Medici. Poi, assassinato Alessandro, a
Ottavio Farnese, duca di Castro, lei di diciassette anni, lui di quindici. Un
dissoluto lui, di passioni femminili lei, tuttavia fecero insieme due gemelli.
Successivamente, assassinato Pier Luigi Farnese, padre di Ottavio, duca di
Parma e Piacenza, la coppia ne ereditò il titolo, ma rimase a Roma, ai piedi di
monte Mario, a Villa Madama che da lei ha preso il nome (la villa era di
Alessandro Medici, il primo marito morto). I gemelli aveva voluto battezzati a
Sant’Eustachio, di fronte al caffè, alla presenza di 19 cardinali, quasi un
concistoro, padrini Carlo V e Caterina dei Medici regina di Francia. Assistita
spiritualmente, i primi tempi dell’incerto matrimonio col ragazzo Farnese, da
Ignazio di Loyola, questi ebbe da Madama, la duchessa di Castro, il patronato
decisivo per l’apertura di Santa Marta, ora abitazione del papa Francesco, che
era stata pensata e costruita per le prostitute pentite.
Stendhal, nelle sue avventurose “Cronache italiane”, ha voluto a Castro una
badessa – il racconto della duchessa è a Paliano.
Islam - Michelet, lo storico romantico inventore del Rinascimento, ha scritto
del patto Paolo IV-Solimano nel 1556 che, se i turchi fossero sbarcati in
Italia, terra d’approdo di tutte le razze note, l’impero ottomano, e con esso
forse l’intero islam, si sarebbe occidentalizzato.
Nel 1556 il papa Paolo IV, in guerra contro la Spagna di Carlo V,
cercò l’alleanza dei turchi. Che in precedenza invece avevano agito, d’intesa
con la Francia, in Italia contro la Spagna e anche contro il papato. Approfittandone
per operare saccheggi e abduzioni delle popolazioni. Poche settimane prima del
progetto di Paolo IV, la flotta di Dragut aveva operato una serie di sbarchi
sulle coste del Tirreno - in Sicilia, a Ponza e a Pianosa - con esazioni contro
la distruzione totale, e gran numero di schiavi e ostaggi.
La coalizione francese con i turchi era stata un’idea di Luisa di
Savoia, l’intellettuale genitrice di Francesco I e Margherita di Navarra. Ma lo schema non era nuovo. Già nel 1158, racconta Bernard Lewis in “The Assassins”, si disse che i milanesi avevano assoldato un commando di terroristi
del Veglio della Montagna per uccidere l’imperatore Federico Barbarossa che li
assediava - talvolta le voci sono vere.
Pane
sciapo – Nasce a Perugia nel 1540, per protesta
contro la tassa sul sale che il apa Paolo III impose negli Stati pontifici – la
tassa fu origine anche di una guerra, con assedio di Perugia.
Revisionismo 2 – C’è molta materia in attesa, sulla condotta della seconda
guerra mondiale e dopo, per una revisione storica non più anglo-americana. Che
la rapidissima evoluzione dei rapporti multilaterali in questi primi anni del
Duemila potrebbe accelerare.
In Germania la liberazione si fece col
fosforo. In Sicilia con bombardamenti quotidiani: la liberazione fu la vera
guerra dell’isola, indifesa. A Formia con la marocchinate di Juin, che lasciava
due giorni di orge ai suoi soldati se ne combattevano uno – “liberarono” con
gli stupri le bambine e i ragazzi, tra Formia e Cassino, a migliaia.
Gli Alleati distrussero l’Abbazia di
Cassino, dove i tedeschi non c’erano. Il primo atto del governo liberato a
Palermo fu di tirare sulla folla che protestava alla prefettura, a Palazzo
Comitini, trenta morti di cui non si parla.
Non si sono intestate piazze a Roosevelt,
Churchill o Stalin. Neanche a Roma, che ha una piazza Elio Callistio e un largo,
lungo, viale Pilsudski. Essere occupati dai tedeschi ed essere bombardati ogni giorno dagli
Alleati non è sentita come una liberazione.
La pace anglosassone è specialmente
disonorevole, arrivando sempre dall’alto, dai bombardamenti, indiscriminati.
Elizabeth Anscombe, inglese, cattolica, allieva e esecutrice letteraria di
Wittgenstein, lo spiega in “Mr Truman Degree”, 1958: la guerra diventa ingiusta
quando la Gran Bretagna prima e poi gli Usa rigettano la convenzione di Ginevra
del 1923 che vieta di bombardare le opere non militari e la popolazione.
Il revisionismo si può dire inevitabile. Ai vincitori va
il rispetto. Tanto più all’America, che ha poi salvato l’Europa dal sovietismo.
Ma non si viene per questo a capo dei risentimenti, per gli atti disonorevoli
in guerra. Le navi della Croce Rossa affondate nel Baltico a guerra finita,
piene di tedeschi profughi. O gli emigrati italiani che in Inghilterra furono arrestati
(confinati) – in Italia non si arrestarono gli inglesi a Firenze o a Capri, né gli americani.
Gli
ebrei tedeschi fuggiti in Francia vi trovarono l’antisemitismo con la
xenofobia, Benjamin, Joseph Roth. Hannah Arendt dopo la guerra è tornata in
Germania ma non a Parigi.
I
rifugiati spagnoli in Francia dopo il 1938 ebbero il timbro “non può lavorare”
e ogni mese dovevano andare alla polizia, una pagnotta veniva loro buttata la mattina dai vigilanti francesi, oltre il
filo spinato. Le loro figlie erano invece apprezzate: si vendevano ai bordelli
di Algeri e Marrakesh, prezzo medio duemila franchi, con guadagno anche per i
sindaci e i gendarmi. C’è in Koestler, la “Schiuma della terra”: al Fernet era come
a Dachau, incluse le percosse e i lavori umilianti. La Francia è paese di
asilo, tutti le vogliono bene, tutti quelli che emigrano in Francia si sentono
francesi, gli italiani prima della guerra, gli spagnoli e gli slavi dopo, i
catalani e i baschi, nazionalisti in Spagna, in Francia si sentono francesi, ma
ogni tanto le saltano i nervi: i compagni del Fronte popolare volevano cacciare
gli italiani nel ’36.
A
Parigi nel 1939, mentre Hitler ammassava le truppe, il “Crapouillot” illustrava
i casini. I migliori, con foto e glossario. Non è deterrente che non se ne
parli.
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