giovedì 12 marzo 2020

La morte come cura

La dottoressa professoressa Flavia Petrini, romagnola di 65 anni, consiglia di lasciar morire gli anziani per risparmiare energie, posti letto in rianimazione e bombole di ossigeno per i più resistenti al coronavirus.
Sembrerebbe una fake news ma non lo è. Sembrerebbe uno scherzo ma non lo è. La prof.ssa è la presidente della Siaaarti, Società italiana di Anestesia, Anelgesia, Rianimazione, Terapia Intensiva. Dei medici oggi in prima linea contro il virus. E parla con un comunicato ufficiale della Società. Il cui punto principale è la distinzione, “da un punto di vista etico oltre che clinico: quali pazienti sottoporre a trattamenti intensivi quando le risorse non sono sufficienti per tutti”. Il documento, spiega la stessa Siaaarti, “privilegia la «maggiore speranza di vita»: questo comporta di non dover necessariamente seguire un criterio di accesso alle cure intensive del tipo «first come, first served»”.
L’appello suona specialmente sinistro perché gli anestesisti sono i medici della “buona morte”, quella indotta come cura. E riporta a una tradizione che si penserebbe estinta da millenni, quella di uccidere i vecchi.
Non una novità. In Germania da almeno tre decenni non si operano di tumore gli ultrassettantacinquenni, per economizzare. Sulla traccia aperta ormai un secolo fa da due personalità molto liberali – oggi si direbbero di sinistra: Alfred Hoche e Karl Binding, un medico e un giurista, pubblicavano nel 1920 un “Via libera all’annientamento della vita priva di valore vitale”. Un volumetto che è quasi una guida, spirituale e materiale alla “buona morte”.
Ma in Germania la pratica non è dichiarata. La Siaaarti lo fa, richiamando un’antica usanza.
Uccidere i vecchi
Sull’esigenza di liquidare i vecchi c’è una pagina precisa nel romanzo di Astolfo, “La gioia del giorno”:
Abbie Hoffman e Jerry Rubin propongono di uccidere i padri e cancellare all’anagrafe chi compie trent’anni - l’età è discriminante, ai tavoli negoziali operai-studenti oltre che a mensa all’università. Un governo vogliono di Roboam, dove, dice la Bibbia, i giovani comandano sui vecchi. Un limbus patrum. La vecchia pratica degli svedesi trogloditi, dei nomadi dell’antico Egitto, dei sardi, di uccidere gli anziani a colpi di clava o pietra. “Tra l’antichissima popolazione di Sardegna, i sardi o sardoni, vigeva l’uso di uccidere i vecchi”, spiega Propp, l’analista delle fiabe”, “e mentre uccidevano i vecchi, ridevano sonori”.  Alcune tribù del Brasile uccidevano gli infermi. I massageti e i derbicciani gli ultrasettantenni. I càtari pii di Monforte d’Alba o Asti le endura abbreviavano alla fine, i suicidi dei saggi anziani per digiuno, per evitare loro i patimenti dell’agonia. Gli abitanti dell’isola di Choa, dove l’aria pura dà lunga vita, ci pensavano invece da soli: prima dell’ebetudine o la malattia i vecchi prendevano la papaverina o la cicuta. Analogamente l’eschimese che, prossimo alla fine, inutile alla famiglia, esce dall’iglù e si perde nel pack. Fra i batak di Raffles, esploratore fededegno, che sarebbero i dagroian di Marco Polo, i vecchi erano mangiati: “Un uomo che sia stanco di vivere invita i figli a divorarlo nel momento in cui il sale e i limoni sono a buon mercato”. Limbus patrum, o sinus Abrahae, è nella scolastica il posto sottoterra, non paradiso né inferno, dove chi ben meritò in base al futuro Nuovo Testamento, patriarchi, profeti, restò fino alla vittoria di Cristo su Satana, distinto dal limbus infantum, dei neonati non battezzati. Il consiglio di Roboam è nel libro dei Re.
Resta il problema di deterrminare l’età giusta – sempre da Astolfo, “La gioia del giorno”:
Nietzsche afferma che ognuno fa la filosofia caratteristica della sua età, l’età anagrafica. Una filosofia, quindi, della maturità e una di gioventù – e dell’infanzia? Ma l’età può non essere quella anagrafica, del numero degli anni. Il prezioso Cerruti-Rostagno, il vocabolario della scuola media, il primo, calcolava sei età: infanzia fino ai sette anni, fanciullezza fino ai dodici, adolescenza fino ai diciotto, giovinezza fino ai trenta, virilità fino ai cinquanta, e oltre, improvvisamente, vecchiaia. La tendenza va a semplificare, con un’età di mezzo e una terza età, il resto come se fosse fuori del tempo. Una volta si era tassonomici: i venticinque anni erano richiesti per la maggiore età in Italia fino alla prima guerra, eccetto che per fare la guerra: chi si sposava di ventiquattro doveva esibire un paio di tutori. I turkmeni tuttora prolungherebbero l’adolescenza ai venticinque, dopo una infanzia stiracchiata fino ai dodici, e la gioventù ai trentasette. Possono così oziare la metà della vita, e l’altra metà godersela: la maturità è breve, dodici anni, fino ai quarantanove. Dopodiché diventano profetici per dodici anni, fino ai 61, ispirati fino ai 73 e saggi fino agli 85. Passati gli 85 possono morire. Anche i romani antichi avevano sette età, e se la prendevano comoda come i turkmeni, spostando l’età attiva verso i quaranta.
Eutanasia eugenetica
L’avviso della Siaaarti. minimizzato e anzi occultato in Italia, nelle pur interminabili maratone mediatiche sul virus, è ripreso in grande dai media Usa, dove è forte la teoria (e forse la pratica) della “buona morte”, o “morte misericordiosa”, in greco eutanasia – la morte con una spintarella, medica. Nella tradizione eugenistica, ormai secolare, della purezza della razza. Opera dell’avvocato Madison Grant, che la teorizzò in “The passing of the Great Race” - non di una corsa, automobilistica o podistica, ma della “razza grande”, nordica – nel 1916, e la mise in pratica promuovendo una serie di leggi: per l’immigrazione negli Usa, restrittiva per i latini, gli slavi e gli asiatici neri; contro la misgenation, i matrimoni interraziali; e per la “morte misericordiosa” dei poveri. Con l’amico e socio Theodor Roosevelt,  poi presidente Progressista e Nobel per la pace, col quale fondò nel 1895 la New York Zoological Society, al fine di bloccare l’emigrazione dall’Est e Sud Europa e sterilizzare gli immigrati da quelle zone: italiani, iberici, balcanici.
Il blocco divenne legge, e la sterilizzazione fu libera fino a tutti gli anni Venti, fino a che la Depressione non la rese onerosa. La sterilizzazione dei poveri fu invece coatta e si praticò su larga scala, diecimila casi nella sola California. Il giudice Oliver Wendell Holmes jr., pilastro del liberalismo americano, e per trent’anni della Corte Suprema, fino ai suoi novant’anni, la autorizzò nel 1927, quando di anni ne aveva 86, anche per i “mentalmente disabili”. Bisogna temere i vecchi?
Le leggi americane in tema di immigrazione, razze, procreazione e “buona morte” furono studiate da Hitler, prima di varare le leggi razziali di Norimberga, contro gli ebrei e altre minoranze, e la Aktion T 4, per l’eliminazione indolore dei minorati, fisici e mentali. Molto “Mein Kampf” si rifà esplicitamente a “The passing of the Great Race”. Nell’autunno del 1935, dopo l’emanazione delle leggi di Norimberga, una delegazione tedesca di 45 professori di diritto sbarcò a New York per approfondire le leggi selettive americane, accolta con grandi onori. 

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