lunedì 23 marzo 2020

Le bugie del barile a 100 dollari

Il barile di petrolio a 20 euro non sarebbe uno scandalo, è un prezzo ancora doppio del costo. Del costo medio del barile, che con 10 dollari remunera tutto: ricerca, produzione, raffinazione, distribuzione.
Il costo medio del barile non esiste, il costo unitario nei segmenti ricerca e produzione varia moltissimo a seconda dell’area. Ma dieci dollari a barile è un indicatore accettato, remunera “mediamente” tutto.
Il barile a 100 dollari è stato – e sarà – una doppia menzogna di mercato. La bolla è stata creata artificiosamente. Il barile si è fatto lievitare, col concorso dei paesi esportatori che ne diventavano grandi beneficiari (Opec e Russia), per consentire agli Stati Uniti l’autosufficienza energetica, e al mercato dell’energia una quota crescente di fonti non fossili. È una sorta di tassa che abbiamo pagato, e pagheremo, per le energie alternative, e per l’autonomia degli Stati Uniti.
Le bugie sono che gli Stati Uniti non hanno bisogno dell’autosufficienza, e che questa si è creata con danni pesanti per l’ambiente. Per decenni, quando volevano il greggio a prezzi bassi, gli Stati Uniti hanno fatto ricorso alle importazioni, dal Venezuela e dal Medio Oriente. L’autosufficienza hanno rilanciato per mettere in produzione gli scisti bituminosi, che hanno un altissimo costo unitario di produzione. E sono letali per l’ambiente, peggio probabilmente del carbone, inquinanti delle acque e del suolo, se non dell’aria.
Il barile a 100 dollari serve, oltre che ai paesi Opec e alla Russia, a rendere economiche le fonti di energia alternative, in funzione ecologica, e gli scisti bituminosi, altamente inquinanti.
Senza pietà per i consumatori e utenti, che pagano il barile cinque volte il dovuto.

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