mercoledì 18 marzo 2020

Pechino tira le redini

Il “centralismo” cinese – il controllo del partito Comunista – è sempre più centralista. L’ultima “purga”, rapida e radicale, si è avuta con il contagio da coronavirus.  Vari “responsabili”, anche non legati a Wuhan, dove l’epidemia è scoppiata, sono stati rimossi. Con un richiamo breve e chiaro “all’obbedienza” indirizzato a tutte le province – Wuhan, la centrale dell’industria cinese dell’auto, ha una tradizione di resistenza al potere centrale, e di ostinatezza.
Non è una novità.  Ma col virus il centralismo si è fatto sentire senza le perifrasi e le analogie che infiorettano il discorso politico in Cina. Con brutalità, anche se non si ha notizia di condanne o deportazioni: la rimozione in Cina è radicale e riservata. Anche manager e “padroni” spariscono d’arbitrio d’improvviso: è un mercato col morso stretto.
Manager, sindaci, governatori, segretari politici sono intercambiabili: decide il partito, la fazione che governa il partito. Anche se i maggiori centri di potere economico, comprese le banche di Shangai, sono legati all’esercito, a gruppi nell’esercito, e alla polizia, le centrali finanziarie della Cina.

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