mercoledì 4 marzo 2020

Rinascimento al femminile

“La vita di Vittoria Colonna” si direbbe un’impresa impossibile: il racconto, la storia, di un personaggio-non-personaggio. Certo, la prima donna ad avere pubblicate le sue poesie in vita – che comunque circolavano, le leggevano tutti quelli che volevano e dovevano, anche se autografe. Corrispondente e confidente in tarda età di Michelangelo, per il comune straziante bisogno di fede. Amica e protettrice di molti letterati. “La più famosa donna d’Italia”, Burckhardt. Ma personaggio stinto, tra lutti e sacrestie (la marchesa di Pescara, come veniva indirizzata, da vedova visse a pensione nei conventi), eccetto che per la passione letteraria. Su cui Targoff costruisce una storia affascinane. Veritiera, non d’invenzione. Singolare per la capacità di entrare in confidenza con un mondo per tanti aspetti estraneo, di epoca ma anche di modi, gusti, mentalità, e farlo sentire nostro, contemporaneo - perfino a un pubblico americano: un capolavoro di filologia. E affascinante di scrittura. Di sapienza drammatica e finezza filologica.
Una vita anche di solido impianto storiografico. Il contesto è talmente dettagliato e qualificato da risultare nuovo perfino a chi non è digiuno del primo Cinquecento. Dalle famiglie Colonna e d’Avalos (Vittoria fu sposata a un d’Avalos) alle Guerre d’Italia tra Francia e Spagna, che negli anni della marchesa di Pescara, primo Cinquecento, tentarono la distruzione della penisola - con particolare accanimento di Carlo V, cui Vittoria era devota - e comunque la spogliarono e la divisero. Alla scena letteraria italiana di quegli anni, all’ingrosso e in dettaglio, da Castiglione a Giovio, Aretino (aveva una componente sacrestana), Bembo, Ariosto, Tasso (Bernardo) et alCelebrata anche dal Berni, si può aggungere alla copiosa documentazione presentata dall’autrice, in un sonetto a lei dedicato, “Alla marchesana di Pescara”, già nel 1525, alla morte del marito alla battaglia di Pavia, quando ancora non era conosciuta come poetessa e dama munifica, e anzi meditava il suicidio.
Una trattazione anche, semplice e acuta, dei temi controversi e non propriamente affascinanti della Riforma e della Controrifoma. Con acribia filologica, soprattutto nelle innumerevoli traduzioni di lettere, sonetti e poemi di Vittoria e a Vittoria. Estesa ai particolari.
Un Rinascimento si direbbe delle donne, attraverso Vittoria Colonna. Anche questo in Italia, prima che l’Italia perdesse, con la libertà, l’intelligenza e la fantasia.
Specialmente si segnala la cura dell’italiano nel testo. Degli originali di Vittoria, lettere e poemi. E dei termini d’epoca di cui non c’è equivalente esatto in traduzione, “sprezzatura”, “cortigiano”, “bramare”. Un solo errore di stampa è riscontrabile - ma si direbbe da 5 Stelle: “vitilazi” per “vitalizi”. E una rocca di Astuna, che dovrebbe essere Astura. Nessun libro italiano, di ricerca o di narrativa, è così perfetto nella compitazione e nella toponomastica. Uno solo l’errore anche di fatto – una inavvertenza più che un errore: nel 1556 è papa Paolo IV, non più Giulio III, ed è lui a scomunicare Ascanio Colonna, il capofamiglia fratello di Vittoria. E una omissione notevole: dei sei madrigali indirizzati fra i tanti alla marchesa da Egidio da Viterbo, il superiore degli Agostiniani al tempo di Lutero, filosofo e oratore di rilievo, protagonista della Roma papale del primo Cinquecento. 
Un’opera tanto più apprezzabile in quanto non si fa più da tempo, in Italia, storia dell’Italia, non di questa qualità. Di una specialista peraltro non specialista: Targoff  è professore di Inglese, anche se codirige alla sua università, Brandeis, il programma di studi italiani. Studiosa di John Donne e del Rinascimento inglese.

Ramie Targoff, Renaissance Woman, Farrar, Straus and Giroux, pp. 342, ill. € 16

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