In realtà non è Bruxelles che sa cosa fare, è Von der Leyen che prova a rianimare la esanime capitale europea. Non più che sgomenta di fronte ai contagi di massa, forse inebetita dal violento uppercut inglese. Con un programma che punta come è ovvio al futuro, e non al rattoppo, nell’interesse di questo o quel paese o gruppo. In un quadro o conformazione continentale. Senza sudditanza alla Ue ragioneristica del patto di stabilità, che è il Vecchio Continente ha asfissiato.
Cosa ne sarà non si può sapere – finora Bruxelles è
sempre stata al di sotto del minimo sindacale. Ma von der Leyen se non altro ha
presenti i fronti aperti. E il problema: la dinamica spenta dell’economia
europea, in perdita di quote globali e di innovatività. Adagiata, la Germania,
su produzioni mature, la meccanica e la chimica. E l’Unione su Greta e la
decrescita. Mentre le macchine elettriche le fa la Cina. E la nuova comunicazione
digitale, con annessa intelligenza artificiale.
L’Europa non è più al centro di niente, è sulla via
di diventare una periferia - Von der Leyen questo non lo dice, ma il suo
messaggio lo presuppone. E di perdere anche quel poco che ancora ha. Questa non
è una previsione, è una constatazione.
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