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mercoledì 22 aprile 2020

A Sud del Sud - il Sud visto da sotto (423)

Giuseppe Leuzzi
C’è a Milano chi, anche madri giovani, cucina fino a duecento pasti al giorno per le persone povere o in quarantena per il contagio. Nella propria abitazione, con le sole sue forze. È questa la forza della città, la dedizione personale.

“Da Milano a Enna si moltiplicano le indagini per omicidio colposo plurimo e per epidemia colposa”, trionfale apre il “Corriere della sera” sulle indagini per le morti nelle case di riposo. Che sono quasi tutte, le morti, in Lombardia. Questo invece è l’altro lato della città, la sfacciataggine.

La neo presidente in petto dell’Eni, Lucia Calvosa, è stata in passato presidente anche del Banco di San Miniato in Toscana. C’erano malversazioni, lei le sanzionò, le fu bruciata la macchina. Un “avvertimento”. Ma non tra Pisa e Firenze (il Banco è di qua e di là), non c’è mafia.

Dei curricula in rete della presidente designata dell’Eni solo Gianni Dragoni sul “Sole 24 Ore” ricorda che lo zio le fu ucciso dalle Formazioni Combattenti Comuniste, e che l’auto le fu bruciata a San Miniato. “Il Fatto Quotidiano”, pur sensibile alle cronache giudiziarie, non ne fa cenno.  Bonaccia? Altrove si direbbe omertà.

Imprevidenza e sufficienza
Il “Corriere della sera” fa una ricostruzione dei primi giorni del contagio sorprendente per l’imprevidenza e la sufficienza che si potevano rilevare anche guardando le cose da fuori:
A gennaio alcuni medici di base del bergamasco segnalano polmoniti insolite alle Asl, senza riscontro. Il 31 gennaio si decreta l’emergenza, ma senza dire come. L’unico provvedimento che si prende è il blocco dei voli dalla Cina, ma non dalla Cina via Zurigo o Francoforte. Il 2 febbraio, alla Rai da Fazio, il virologo milanese Burioni dice il rischio “pari a zero”. Il 15 febbraio il governo italiano manda con volo speciale in Cina due tonnellate di mascherine e tute di protezione. Il 21 febbraio quello che si far à passare come “paziente zero”, è trattenuto in ospedale un giorno e mezzo senza precauzioni. Il 28 febbraio si divulga la stima della curva epidemica: l’indice Ro (di contagiosità del virus) è superiore a 2.
Solo l’1 marzo, un mese dopo il decreto dell’emergenza, si stabilisce il ricovero dei contagiati in Pneumologia e terapia intensiva. E  si ordinano i primi ventilatori meccanici.
Il 23 febbraio 500 sindaci lombardi, quelli del Pd, compresi il sindaco di Milano Sala e quello di Brescia Gori, chiedono di tenere aperti bar, mercati, centri commerciali, attività sportive. Quattro giorni dopo il sindaco di Milano Sala lancia la campagna #milanononsiferma. Lo spalleggia il segretario del Pd, Nicola Zingaretti, venuto apposta a Milano, che posa per un aperitivo in compagnia in un locale all’aperto sui Navigli – poi, positivo al virus, starà in quarantena a casa a Roma. E il nemico (politico) Salvini, che in un video chiede di “riaprire tutto”, e invita gli stranieri a visitare “il Paese più bello del mondo”.
Due settimane dopo, quando i morti sono tanti che non si riesce a inumarli e nemmeno a incinerarli, bisogna trasportarli con carri militari per destinazioni ignote, a Bergamo e in val Seriana non si dichiara la zona rossa.
Già dal 28 febbraio la Lombardia sa ufficialmente, con un Ro superiore a due, e che il sistema ospedaliero rischia il collasso. Lo stesso giorno l’Emilia-Romagna, infetta dalla bassa lombarda, chiede una deroga per tenere aperti cinema e teatri. Il Veneto la chiede per le terme. Tutta l’Italia sarà “zona rossa” una settimana dopo.  

Die Welt e le mafie
“Die Welt”, il quotidiano liberale (conservatore) tedesco di cui si è contestata la richiesta a Angela Merkel di non deflettere al vertice europeo di domani dal no ai coronabond comunitari, è il giornale che nei primi anni 1970 rivelava, solitario, agli italiani come i liquami e gli scarichi velenosi delle industrie svizzere e tedesche finivano in Lombardia, grazie a imprenditori compiacenti. Naturalmente non mafiosi, ma ugualmente micidiali, minacciando con gli sversamenti di mercurio le falde freatiche, e con gli accumuli la diossina l’aria – come poi si è dimostrato a Seveso.
Lo spiegava il corrispondente economico del quotidiano a Milano, Gunther Depas. Questo il racconto che Astolfo ne fa nel romanzo “La gioia del giorno”, degli eventi attorno al 1969 – Walser sta per Depas:
“- Nulla a Milano è come appare - sostiene Gunther Walser, cordiale corrispondente della Welt. Neanche i milanesi. Luciano, che ha aperto una libreria anarchica, è sospetto, benché innocuo. Mentre un gruppo cattolico progetta una casa editrice terzomondista. Coi soldi dell’Ente. Per pubblicare la teologia della violenza di Marighela, che sarebbe un prete.
“Il patriottismo è sospeso a Milano: ognuno ha industrioso il conto in Svizzera, incluso chi vota a sinistra, che è a due passi, dove le banche sono numerose, e non si fa la coda. Ma Walser teutonico non ci sta. Non accetta che Milano si prenda gli scarti tossici che le leggi impediscono di disperdere nell’ambiente in Svizzera e Germania:
“- Questi veleni inquineranno la falda freatica. – Fiumi di mercurio vede, diossina e ombre losche: - La merda di Milano finisce nel Ticino, il Lambro, l’Olona, l’Adda, che finiscono nel Po, e contagerà l’Italia. 
“Walser ha la fissa dell’acqua. Non sa che Milano moriva di peste non è molto, irridendo gli spagnoli che le negavano le acque putride della tessitura, la coloritura, la risicoltura, tra i propri funzionari in città al tempo dei Promessi Sposi annoverando Calderòn. Né che tra Pavia e Vercelli sono già alla falda i diserbanti e gli antiparassitari del riso, il fatto era notorio all’epoca del militare, al rubinetto non si poteva bere, un chilo di riso volendo venti ettolitri d’acqua. Milano è tossica in allegria. Benché heimlich gemütlich, ventre gravido di buona madre. L’antica Mediolanum, in mezzo al piano, che il tedesco ingentilisce in Mailand, terra di maggio:
“- O terra di mai – Walser ironizza, felice di stare a Milano. Più è felice che il figlio sia chimico: - È solo italiano l’orgoglio del giudice figlio di giudice, del primario nipote di primario. – La funzione ereditaria lo esilara: - Il chirurgo ereditario è fantastico. È Hoffmann: il primogenito generato dal chirurgo, col bisturi. – E tornando tedesco spiega che la democrazia è venuta con l’abolizione del maggiorascato e il fedecommesso: - Ma per la borghesia è titolo di nobiltà la concussione”.

Quando discriminato era l’italiano
L’immigrazione in America a cavaliere del 1900 è stata una “invasione” senza precedenti, seppure con biglietto sul piroscafo e visto d’ingresso. “Durante gli ultimi dieci anni”, scrisse Josiah Strong nel 1891, “abbiamo sofferto un’invasione pacifica da parte di un esercito quattro volte il numero supposto dei Goti e dei Vandali che invasero l’Europa meridionale e sopraffecero Roma”.
La questione non era, come oggi non è, semplice. “Quando i cittadini del New England decisero un secolo fa di autorizzare l’immigrazione dalle regioni più arretrate d’Europa e dagli strati sociali più diseredati, e di lasciarsi sommergere da questa ondata, fecero e vinsero una scommessa la cui posta era altrettanto grave si quella che noi ci rifiutiamo di mettere in gioco”, come scrive Lévi-Strauss in “Tristi Tropici” - scriveva nel 1955.
Strong era un pastore evangelico molto impegnato nel sociale e molto popolare, ma inflessibile razzista. Sei anni prima, nel suo libro più famoso “Our Country”, aveva sostenuto che “gli anglo-sassoni”, essendo “una razza superiore”, avevano il compito di “cristianizzare e civilizzare” le razze “selvagge”, per il bene dell’economia americana, e delle “razze minori”. I selvaggi erano gli indo-americani e i neri, per razze minori intendeva i latini, soprattutto italiani, e i polacchi, cattolici.  
Edward Ross, un cattedratico influente di Sociologia, che insegnava a Stanford, punterà anche lui l’immigrazione dall’Italia. Nel 1914, prima della guerra, scrivendo:”William non ha tanti figli come Tonio perché non ammassa la famiglia in una stanza, non mangia maccheroni su una nuda tavola, non fa lavorare la moglie scalza nei campi, non fa raccogliere cipolle ai figli invece di mandarli a scuola” – molti cenni sono tratti da Daniel Ockrent, “The guarded Gate”, una ricerca documentaria sulle preclusioni contro cattolici, italiani specialmente, ed ebrei .
Ross era un progressista. Sarà sostenitore della rivoluzione bolscevica in Russia e poi degli interventi pubblici in economia voluti dal presidente della Ricostruzione dopo il crac del 1929,  F.D. Roosevelt. Nel 1937 fece parte della Commissione Dewey, costituitasi in America negli ambienti intellettuali socialisti per accertare la veridicità delle accuse di Stalin contro Trockij – la Commissione processò Trockij in Messico e lo dichiarò innocente. Ross morirà nel 1951.
All’epoca Ross era famoso per l’espressione «suicidio di razza», da lui coniata dal 1900: i differenziali di fertilità tra le donne native protestanti e le immigrate cattoliche avrebbe portato presto alla fine la società americana. Ross invocava una legislazione eugenetica per prevenire questo rischio, basata su una politica demografica a favore delle donne native americane, e sul controllo delle nascite per gli immigrati, anche con la sterilizzazione dei maschi. Due anni più tardi il neo eletto presidente Th.Roosevelt, un pioniere  dell’eugenetica, con la New York Zoological Society da lui fondata nel 1895 con l’avvocato Madison Grant, per il blocco dell’emigrazione dall’Est e il Sud Europa, e la sterilizzazione degli immigrati maschi, dichiarava il suicidio di razza “la questione fondamentalmente infinitamente più importante in questo paese di ogni altra”.
Gli italiani in particolare Th. Roosevelt diceva “la più fertile e meno desiderabile popolazione d’Europa”. Ross ce l’aveva con i napoletani, “una razza degenerata”, con “un’angosciosa frequenza di fronti basse, bocche aperte e lineamenti sgraziati”. Th. Roosevelt sarà Nobel per la pace nel 1906.
Negli anni 1910, con le presidenze Wilson, la polemica anti-immigrati non ebbe scocchi. Ma riprese virulenta subito dopo, negli anni 1920. Un ricco avvocato, immobiliarista, collezionista d’arte e filantropo, Charles W. Gould, argomentava nel 1922 in “America. A Family Matter”, a favore della “razza Nordica”, contro l’immigrazione dall’Italia, contro le donne: “Il matrimonio di un uomo bianco educato e raffinato con una bella contadina del Sud Italia potrebbe rimandare indietro i suoi figli, quanto a sviluppo intellettuale, di molte centinaia di anni” - il libro è ancora in edizione, reperibile online.

Nel 1921 e nel 1925 due nuove leggi introdussero quote nazionali per l’immigrazione, limitate per i latini. La legge del 1925 con le quote nazionali limitative resterà in vigore fino agli anni dopo Kennedy, alla presidenza Johnson. Nel 1921 gli immigrati dall’Italia erano stati 222.260, nel 1921 furono ridotti a 2.662 – e su questo cifra si mantennero negli anni successivi.

leuzzi@antiit.eu

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