L’inconscio dinamico, freudiano, “acquisisce i suoi contenuti in gran parte
dalla rimozione inconsapevole di idee originariamente presenti in una certa
forma nella coscienza”. Ma come ? Nel sogno? Con le associazioni libere? “Metodi”
troppo casuali – da gioco di società. L’inconscio
cognitivo basta e avanza, e sottrae ogni credibilità all’inconscio pasicoanaltico:
“Nell’inconscio cognitivo regna dappertutto una grande razionalità, che
presiede ai processi computazionali e associativi con cui vengono risolti i
problemi posti dalla memoria, dalla percezione, dal giudizio e dall’attenzione”
Anche se il contenuto di desiderio dell’inconscio” fa si che “esso operi in
maniera altamente illogica”. Inoltre, “nell’inconscio cognitivo non giocano
alcun ruolo né l’espulsione dalla coscienza di idee e ricordi, né la censura
selettiva operata al loro ingresso nella coscienza”.
Grünbaum non si
ristampa perché ha fatto troppi danni – al business?
È da dubitare, l’analista è un dogma, anche se si limita ad ascoltare. Costa,
ma è come un social, non si può fare a meno di chiacchierare. Del proprio subconscio,
poi, con rimozioni e colpe e tutto, è un delirio.
“Che prospettive si delineano per il futuro della
psicoanalisi nel XXI secolo?” Grünbaum si cautela – siamo nel 1984 - con lo psicoanalista
Meehl. Ma per ribadire la sua condanna, di lungo corso: “Avremo un secolo in
cui la psicoanalisi potrà essere accettata o rifiutata, soprattutto sulla base
delle opinioni personali di ciascuno. Se questo accadrà, la mia previsione è
che essa sarà lentamente, ma ineluttabilmente, abbandonata, sia in quanto
prospettiva terapeutica sia in quanto teoria della psiche”. Non sembra il caso:
accettato o rifiutato, e benché non guarisca, il business marcia: l’“aiutino” psicologico, di uno che ti sta ad
ascoltare, è sempre pregiato, anche se non scientifico, anche se ascolta
distratto – come fargliene una colpa, troppi casi.
Adolf Grünbaum, I fondamenti della psicoanalisi.
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