Avendo deciso che Napoli è il luogo “dei corpi,
della carne, del sesso”, lo scrittore “siculo-francese” che di Napoli è diventato
cittadino onorario la mette in scena in vicende di sesso avventuroso infaticabile,
e di ludibrio. Mentre lui stesso naviga personalmente in un mare di rotondità, tra
coiti a ripetizione, di ogni genere – omaggio allo sdoganamento della pornografia
che si praticò nell’editoria europea un lustro fa (in Carrère se ne trovano
casi, perfino nel casto Enzensbger)? Questo nella seconda raccolta del volume,
“Encore en tour autour de la vie”, del 2016 – ai sessant’anni, non detti, dello
scrittore? Con le storie parastoriche della Santa Vulva (Suor Giulia di Corna),
una Santa Baubo giovane, tra Cinque e Seicento – la Baubo originale è la
vecchia che fece sorridere Demetra, in lutto per la scomparsa della figlia
Persefone, denudandosi le parti basse. Della saponificatrice di Venafro, molto brutta e molto
fascista, e molto abile in affari, roba della entrata in guerra, col processo, e le memorie in carcere.
E dei”bambini-doccia” nei bagni di scuola dei-delle tredicenni a Napoli.
Un caso di cronaca, quest’ultimo. Come quelli
che Schifano racconta nella prima raccolta del volume, “Everybody is a star”,
del 2003. Un seguito delle fortunate “Cronache napoletane”, 1984: cronache semplici,
prese dall’attualità, e raccontate il più semplicemente possibile, con
linguaggio quasi piatto, da verbale giudiziario. Che atterriscono per gli
eccessi, quasi sempre di violenza, quasi sovrumana, di Napoli in questi ultimi
decenni. Di furori quasi astratti, tanto sono inimmaginabili: la mamma che
castra il figlio omosessuale, il giovanissimo camorrista che uccide la madre perché
ha un amante. Compresi già i bambini terribili che poi diventeranno “paranze”. Racconti,
si direbbe, alla Malaparte di “La pelle”. Soprattutto quelli della seconda
raccolta. Ma anche i primi, brevi aneddoti inverosimili, benché senza l’onirico
- l’inverosimile, o fantastico, è nei fatti. Racconti “omerici”, o tragici, da
intendere per ineluttabili. Senza tornaconto o calcolo. In effetti non
sociologizzabili, se non per un pregiudizio post-unitario, oggi leghista.
Ma Schifano è anche conoscitore come pochi,
oltre che estimatore, della “nobilissima Partenope”. Padroneggia perfino, da
virtuoso, il napoletano stretto in traduzione, riuscendo a salvarne il senso
sonoro oltre che semantico. E ne racconta il male da difensore preconcetto
della città, contro tutto e tutti, soprattutto Garibaldi e i Savoia. Per ultimo
usa il lapsus di papa Francesco a Napoli, “la corruzione spuzza”, per salvarne
anche la corruzione: il papa voleva dire che quella di Roma, del Vaticano, puzza
anche di più.
Polemiche soprattutto le presentazioni: “Chi
non riconosce il valore dei Borboni non sa niente di Napoli. Carlo III è stato
un grandissimo dirigente. Loro hanno costruito, i Savoia invece hanno
distrutto”. La città è un corpo martoriato, dall’unità: “Napoli è come un ex
voto, da 150 anni è smembrata, il cuore qui, una gamba là”. Malignamente
profetico: “Fra 50 anni Salerno e Caserta saranno unite da un solo territorio
urbano, sarà cosa favolosa. Volevano ridurre Napoli a una città bonsai, invece
ne hanno fatto una pantagruelica”. Il prologo alla seconda raccolta, intitolato
“Garibaldo”, si propone di “fare giustizia” di questo “Fregoli della storia”, intenzionalmente deformato in ribaldo. E di Cavour: gli occhiali di Cavour, “’e
lent’ a Cavour”, sono a Napoli le manette.
Jean-Noël Schifano, Le corps de Naples. Folio, pp. 305 € 8
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