martedì 21 aprile 2020

La caccia agli untori nelle Rsa

Ci sono nelle Rsa, le residenze sanitarie assistenziali, degli imbrogli. Nei casi in cui non hanno i requisiti ma sono qualificate come tali. Sono abusi, e nel caso di inadeguata assistenza sanitaria, come nelle morti per coronavirus, anche delitti. Ma la responsabilità (colpa) è dei sorveglianti, le Asl (Ats in Lombardia) e i Policlinici cui esse fanno capo: che danno con la convenzione la patente di agibilità, e ne controllano costantemente – dovrebbero - i livelli di efficienza.
Nelle indagini disposte dalla Procura di Milano sono invece esse stesse, e solo esse, indiziate di reato. Anche se hanno agito all’interno di protocolli, di cui esse sono il terminale esecutivo e non quello direttivo.
Le indagini sono una specie di corsa al colpevole. Nella scia della vecchia caccia all’untore.
I cronicari per lungodegenti, qualcuno anche abilitato alla riabilitazione, hanno un compito indispensabile nel sistema sanitario, benché siano tutti a gestione privata: riducono molto il costo della degenza. Che in ospedale invece, per le rigidità sindacali e le malversazioni delle Asl-Ats, è altissimo.
I gestori sapevano bene di cosa si trattava e ritenevano ovviamente di non avere responsabilità penali: il sistema era organizzato in quel modo. L’ospedale cioè manda in Rsa, che costa un terzo o un quarto, il lungodegente o il cronico per il quale non c’è cura risolutiva. La loro incriminazione è un’ipocrisia e non risolve il problema – se è un problema.
Di molti ricoverati in Rsa si scopre adesso che avevano parenti, e anche agguerriti. Ma non molti ricoverati ne avevano prima. 

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