Non
c’è altro da dirne, basta fare parlare Webster.
“Ha
tutti gli ingredienti di uno scadente filmaccio horror di Hollywood: un killer mutante
attraversa il globo, lasciando milioni di cadaveri sulla sua scia, e non c’è
medico nel mondo che possa bloccare la carneficina”. È “un’idea grossolana di
sceneggiatura cinematografica”, ma è successo, “a fine 1918 e per buona parte
del 1919: in dieci mesi il virus dell’influenza contagiò le vite di forse 500
milioni di persone in giro per il globo e uccise come minimo fra 20 e 40
milioni di persone – più del doppio del numero dei morti in guerra. Molti
epidemiologi ritengono che uno scenario analogo si riprodurrà. Ma questa volta
sarà peggio”.
Questo
il peggio: “Se oggi scoppiasse una pandemia, gli ospedali sarebbero sopraffatti
dal numero dei pazienti. Tanto più che una parte del personale medico si
ammalerebbe. La produzione dei vaccini rallenterebbe, perché anche molti
operatori dell’industria farmaceutica si ammalerebbero. Le scorte di vaccini e
gli atri rimedi si esaurirebbero rapidamente, lasciando esposta al contagio gran
parte della popolazione”.
Webster
non prevedeva il coronavirus, ma sapeva che ci vogliono controlli e vaccini.
Semplice: “Si spendono miliardi di dollari in armamenti, si spende poco o nulla
per accumulare riserve di medicinali e attrezzature in grado di combattere
influenza. Bisogna convinere i governi a prendere queste misure, tanto più che
il costo sarebbe irrisorio in confronto ai disastri sociali ed economici che accompagnerebeo una pandemia”.
Robert
G. Webster-Elizabeth Jane Walker, Influenza,
“Le Scienze” maggio 20013
“American Scientist”, free online
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