Alloglossia
– L’uso di una lingua straniera come esercizio di stile. È il caso
di Jhumpa Lahiri con l’italiano. Lo è stato di Beckett col francese. Di Milton
con l’italiano. Di Joyce con l’ italiano, il triestino, il tedesco
Arcadia
– È “invenzione” di François-Séraphin Régnier Desmarais, uomo di
chiesa e diplomatico francese del secondo Seicento (come diplomatico trattò a
Roma la questione della Corsica), esperto latinista, autore di poesie anche in italiano, che vefe
passare come di Petrarca. Le sue traduzioni in italiano da Anacreonte
modellarono il gusto arcadico. Tradusse in italiano anche, lascando il lavoro
incompiuto, l’ “Iliade” – la traduzione forse migliore per ritmo, in endecasillabi
sobri, efficaci.
Brexit
– In letteratura avrebbe molte sorprese. Stevenson, Walter Scott,
Conan Doyle, i più popolari scrittori inglesi sono scozzesi. O Cronin. O Burns
e Muriel Spark. E Adam Ferguson, Adam Smith, Hume. Boswell. Frazer. O gli
innumerevoli irlandesi: Swift, Sterne, Yeats, Wilde, Shaw, Joyce, Beckett.
Anche Bram Stoker.
Céline
– Vale per lui quello che il non amichevole Gide disse delle “Bagattelle
per un massacro”, il pamphlet antibellicista,
e antisemita, del 1937. “Non è la realtà che dipinge Céline: è l’allucinazione
che la realtà provoca”. La realtà di Céline: “Céline eccelle nell’invettiva.
L’aggancia a qualsiasi cosa. La juiverie
qui non è che un pretesto”. Vomitava su tutto, in effetti.
Sartre fu céliniano della
prima ora. “La nausée”, la sua prima
opera, un racconto-romanzo, scritto nel 1932, l’anno del “Viaggio” di Céline, fu
riscritto, un paio di volte, dopo la lettura del “Viaggio”, pubblicato nel
1938, e si apre con una citazione “L’Eglise”, il dramma satirico che Céline
aveva scritto prima del “Viaggio” e pubblicato un dopo il successo del romanzo”:
“È un ragazzo che non ha nessuna importanza collettiva, è solo un individuo”. È
un apprezzamento che il dominus ebreo della commediola, Yudenzweck, capo di
Bardamu-Céline alla Società delle Nazioni, rivolge al giovane medico suo
sottoposto. “La nausea” si legge meglio infatti in chiave céliniana – benché
sempre di lettura impervia.
Italo-greci
– Usava per molti scrittori greci scrivere in italiano nelle isole
joniche e a Creta. Qui i più rinomati sono, nel Cinquecento, i fratelli
Cornaro, Andrea e Vincenzo. Nel’Ottocento si segnalano a Zante il poeta, e per
un periodo segretario di Foscolo, Andrea Calvo o Calbo, e poi Dionisios Solomòs, stimato rinnovatore della
letteratura neogreca, e Stéfanos Martzokis. Nel primo Novecento l’eminente
Ghiorgos Sarandaris, greco di Turchia (nato a Istanbul)..
Italo-slavi
– Come oggi gli anglo-indiani, plurime generazioni ci sono state di
scrittori slavi in Dalmazia che scrivevano e pubblicavano in italiano.
Brugnolo, “La lingua di cui si vanta Amore”, ne fa un elenco minimo: i
cinquecenteschi Savino Bobali Sordo (Sabo Bobalijević Glušac), Lodovico Pascale
(Ludovik Paskalić), e Domenico Ràgnina (Dinko Ranjina), e i secenteschi
Francesco Ghetaldi (Frano Getaldić), e Igazio Giorgi (Ignjàt Đurđević).
#metoo
– Era parte della morale, o precettistica, della Controriforma. “Il valore della
verginità, solennemente riaffermato dal concilio di Trento”, scrive Giorgia
Alessi ne “II gioco degli scambi”, “fu tutelato, negli orientamenti giuridici
dell’Italia posttridentina, attraverso la sanzione penale: non solo la
deflorazione violenta, ma persino la seduzione avvenuta con il consenso della
sedotta, vennero qualificate ‘stupro’ ed inserite tra le violazioni più gravi
della convivenza civile”.
Prebistero – Viene in uso per prete, oggi
diminutivo e quasi offensivo – specie nei proverbi e le aggettivazioni, che
restano. Sacerdote era l’opzione già in uso. Ma richiama il sacro. Presbitero
invece richiama l’anzianità (“il più anziano), per età o solo morale
(intellettuale, culturale).
Rilke – Provò con l’italiano, oltre
che col francese. Con due brevi componimenti:
La Nascita del Sorriso
Vinse il Dio quella chi sola al mondo
Ebbe la fonte nel suo angelico viso. Cantimi, inclita musa, il primo giocondo Quello, nostro ancora, raro sorriso.
(Novembre 1920)
Dimmi, uccello, sempre vai lí dove il cuore ti porta? Mai non t’inganni mai non cedi al vento? Io spesso, su queste ali dell’alma vado incerto. L’Angelo inoccupato d’una fanciulla chi dorme verso un punto del cielo torna il mio cuor.
(Agosto 1924).
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Sirene – Le vide Colombo, nel primo
viaggio, nei Caraibi: “Le tre sirene elevavano i loro corpi sopra la superficie
dell’oceano, e benché non fossero così belle come si rappresentano nelle pitture,
il loro viso rotondo aveva nettamente forma umana”. Claude Lévi-Strauss opina
in “Tristi tropici” che fossero dei lamantini, dei trichechidi – che però non
sono belli.
Voltaire – Mangiapreti, fu anche, o si
atteggiava, cattolico, pio. Fra i destinatari delle 178 lettere di lui rimaste
scritte in italiano figurano sacerdoti, frati, gesuiti, teologi, cardinali, e due
papi, Benedetto XIV (tre lettere) e Clemente XIII. Con Benedetto, persona di
grande cultura, lo scambio fu intellettuale. A Clemente XIII Voltaire mandò, congiuntamente
alla nipote Mme Denis, sua amante, la richiesta di una reliquia di san Francesco,
per una chiesa che “Francesco de Voltaire” intendeva edificare “nelle vicinanze
della herezia”. Le reliquie furono mandate, la chiesa fu edificata, e Voltaire
vi prese anche la comunione, per dare “un esempio edificante” ai popolani suoi vicini.
letterautore@antiit.eu
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