Brexit
– Nasce nel tardo Cinquecento col Grand Tour - che a sua volta nasce
come scusa o motivo per un viaggio “all’estero”, cioè nel continente, senza
essere sospettati di papismo? Se ne trova la traccia in Praz, “Il mondo che ho
visto,”, 20: “Il Grand Tour diventò
per gli Inglesi un pericoloso fattore d’isolamento, anziché d’ampliamento di
vedute, dal giorno in cui gli stranieri furono considerati da loro non più come
creature umane con cui si tratta da pari a pari, ma come macchiette in un
paesaggio, come pittoresco spettacolo per gli occhi”. Opera per lo più di “anemiche
zitelle”.
Ancora Praz: “Gli
anglosassoni non hanno mai sofferto un’invasione”.
Chiesa
– È barocca, come la rappresenta Sorrentino nelle serie sul Papa? Il
papato è barocco, benché alleggerito dal Concilio Vaticano II. La chiesa non viene
bene al cinema, se non nella forma barocca, di Sorrentino e Moretti in rappresentazione
diretta, in Fellini come evocazione e contorno: colorata, chiassosa, rituale, énaurme. Anche nelle regole
probabilmente è barocca. Nel diritto? Nei riti sicuro: i paramenti, gli appuntamenti
canonici (feste, processioni, benedizioni, messe solenni), gli addobbi. E
naturalmente le architetture, delle chiese e le piazze, i palazzi, i cimiteri.
Elena
– Ebbe 36 pretendenti, secondo Igino, “Favole”, che li elenca - con
la riserva “scrittori più antichi ne citano altri”: Antiloco, Ascalafo, Aiace
Oileo, Anfimaco, Alceo, Blaniro, A gapennone, Aiace Telamonio, Clizio, Cianeo, Menelao, Patroclo, Diomede,
Peneleo, Femio, Polipete, Elefenore, Eumelo, Stenepo, Tleplonimo, Protesilao,
Podalirio, Euripilo, Idomeneo, Leonteo, Talpio, Polisseno, Protoo, Menesteo,
Macaone, Toante, Ulisse, Fidippo, Merione, Mege, Filottete.
Mancano dalla lista i
rapitori di Elena, di cui lo stesso Igino ha fatto la storia poco prima: “Teseo,
figlio di Egea e di Edra, figlia di Pitteo, insieme a Piritoo, figlio d’Issione,
rapirono Elena, la figlia vergine di Tindaro e Leda, dal tempio di Diana dove
stava sacrificando e la portarono in un distretto dell’Attica”. Non finì bene: i rapitori furono puniti da Giove e Plutone – salvati poi da
Ercole. “I fratelli di Elena,” continua Igino, “Castore e Polluce, combatterono
per lei; catturarono Etra, la madre di Teseo, e Fisadie, la sorella di Piritoo,
e le diedero come schiave alla sorella”.
Francesco
– “Il papa della Nuova Controriforma” lo chiama Jean-Noël Schifano
nella postilla a “Le corps de Naples” dal titolo “La corruption spue”, spuzza
(lo disse il papa a Napoli nel 2015), “che reintroduce il barocco esistenziale
nella chiesa…: Francesco è il sovrano pontefice del trompe-l’oeil”. Il “papa nero” (gesuita) che si fa bianco. E la
corruzione che puzza assolve con l’s privativo. In linea con la Controriforma:
“Tutta l’arte della Controriforma è la comunicazione, l’immagine, ciò che si
muove e inganna lo sguardo, la maschera, la prestidigitazione”. Lo sfogo di un
anticlericale? E tuttavia, “suprema arte in barocco esistenziale: un gesuita
che gioca ai francescani…”.
Giro
d’Italia – Si chiamava “Giro” il Grand Tour degli inglesi nel continente
quando aveva a oggetto l’Italia - la parola Tour era riservata, come oggi, al
giro della Francia. È passato nel linguaggio come Grand Tour, perché originariamente
era applicato alla visita, anch’essa d’obbligo per gli inglesi ricchi, della
Francia. “The Grand Tour of France and the Giro of Italy” è il titolo di una
guida londinese del 1670 – repertoriata nel “Lassel’s Voyage of Italy”. La pratica
si avvia nel secondo Cinquecento, dopo lo scisma anglicano, per consentire agli
inglesi di viaggiare liberamente nel continente, sotto le specie culturali,
senza cioè essere sospettati di “papismo”.
Italiano -
“Straordinari epistolari italiani” Brugnolo (La lingua di cui si vanta amore”) menziona di Voltaire, Byron, Joyce, Rubens – e
di Mozart naturalmente. Nonché, nel Seicento, d Jean Chapelain, “il noto prefatore
dell’ «Adone» mariniano”.
Moltissimi i poeti e
letterati francesi italianisants nel
Cinquecento, effetto Caterina dei Medici: Émile Picot ha compilato nel 1906 un
repertorio in due volumi.
“Il Menagio, Regnier
Desmarais, il Milton, ec., che scrissero e poetarono in lingua italiana, sono
esempi non rinnovatisi, cred’io, rispetto ad alcun’altra lingua moderna, se non
di più rispetto alla francese” – Leopardi, “Zibaldone”.
Pound
– Fu fascista. Anche al ritorno in Italia, quando scelse il
riserbo per non crearsi problemi. I due “Cantos” italiani, il 72 e il 73, in
morte di Marinetti (2 dicembre 1944) e alla gloria della repubblica Sociale di
Mussolini, Furio Brugnolo ritiene uno snodo nella struttura dei “Cantos”, “un
punto di svolta fondamentale nella struttura del poema”. Per due motivi: “Da un
lato per la frattura violenta (anche linguistica) che segnano con i canti che
precedono (in particolare con il blocco centrale, dedicato alla storia cinese e
a quella americana, cc. 52-71) e per il raccordo che creano con i successivi
«Cantos pisani», che proprio da essi traggono senso e funzione”. Ma anche
“perché confermano l’inscindibilità della poesia dei «Cantos», almeno a
quest’altezza, dall’ideologia e anzi dalla fede fascista del suo autore”.
In questo senso anche Robert
Casillo, “Fascists of the Final Hour. Pound’s Italian Cantos” (in R.J.Golsan,
“Fascism, Aesthetics and Culture”.
Brugnolo aggiunge, dopo aver
rilevato l’eccezionale reviviscenza dantesca dei canti, una messa in guardia
che accentua il fascismo in Pound: “In sintesi (e augurandomi di non essere
frainteso), Pound riesce a questo straordinario risultato artistico non magrado fosse fascista, ma proprio perché era fascista (e si
aggiunga: perché era fascista ma non era
italiano).”
Refuso – Celebrato da
Savinio, e quindi da Sciascia, come irruzione dell’inatteso, lo è curiosamente
all’ultima pagina del voluminoso Mario Praz, “Il mondo che ho visto”, dove
Paolo Vincenzo Bonomini, il pittore bergamasco degli scheletri, è declinato
Borromini – curioso per l’autore, sempre preciso nei suoi milioni di
riferimenti, e per l’editore, curato. E perché Borromini a Bergamo ci sarebbe
stato bene. Da comasco di Bissone, oggi Svizzera, ma anche da buon controriformista.
Mentre si lega a Roma. La rivelazione è che la Controriforma fu lombarda, a partire
dai Borromeo. Specie da san Carlo, che indirizzo con cura le parrocchie, e dai “suoi”
papi: Pio IV (1559-1561), al secolo Giovanni Angelo Medici di Milano; Pio V
(1561-1572), Michele Ghislieri, di Bosco (Alessandria), eletto da Carlo
Borromeo; e l’atro eletto di Carlo Borromeo (con Filippo II di Spagna), nel conclave
forse più breve della storia, Gregorio XIII (1572-1585), il bolognese Ugo
Boncompagni – festeggerà con un “Te Deum” la “notte di san Bartolomeo”, il
massacro degli ugonotti a Parigi la notte del 23 agosto 1572: un papa
misconosciuto che è da solo all’origine della chiesa di Roma quale tuttora si
conosce.
Risorgimento – Avviene d’imbattersi per letture casuali in due testi che lo contestano con l’irrisione. Lo scrittore francese Jean-Noël Schifano a chiusura di “Le corps de Naples”, da dichiarato filo-Borbone. Mario Praz, “Il mondo che ho visto”, lo fa parte del “pittoresco” che aborre, partendo dal Gran Tour che il secondo Cinquecento inaugurava: “Fu allora che l’unico sentimento verso gli uomini d’Italia fu di compassionevole e sollecita cura, come per cani gatti e uccellini, ché a saperli schiavi di tiranni tutta l’anima zitellesca s’inteneriva. E al raggio verde dei tramonti, e al raggio di luna sulle rovine, s’aggiunse la macchietta d’un pennuto bersagliere dal seducente nome: Risorgimento. Qualche grand tourist ispirato dalla Musa credette di doverci incoraggiare a diventare un popolo libero”.
Viaggio – I libri di viaggio hanno un
senso? si chiede Praz nel 1982. Collazionando molti suoi scritti di viaggio,
“Il mondo che ho visto” – una parte dei suoi innumerevoli scritti di viaggio,
con cui ha riempito quattro o cinque libri. Ma spiega anche perché: oggi che il
mondo si è “rattrappito”, dice, i costumi tendono a omologarsi, e tutto è
dappertutto. E non c’era ancora il Louvre a Dubai, o Abu Dhabi.
letterautore@antiit.eu
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