Caffettano –La
veste dei principi russi e polacchi fino a tutto il ‘500, e anche nel ‘600, lo
dice Praz in “Il mondo che ho visto”,
474, quando cominciarono a passare alle fogge europee.
L’indumento
e la parola sono di origine persiana.
Fra
gli ebrei poveri dei villaggi fra Russia, Ucraina e Polonia l’abbigliamento
orientale fu perpetuato fino al primo Novecento. Albert Cohen, in “Bella del
Signore”, che ambienta negli anni 1930, descrive così vestiti i parenti del suo
personaggio, uno che ha fatto una grande carriera alla Società delle Nazioni, che
vanno a trovarlo sgraditi a Ginevra.
Don Giovanni –
Perché non verrebbe da Galvano, il sir Gawain nipote di re Artù?
Galvano-Gawain, nel suo girovagare all’appuntamento con il Cavaliere Verde, si
sente come obbligato a giacere con le dame che lo ospitano. Non per sua
particolare foja – e non sappiamo se con soddisfazione.
Si
collegherebbe così alla poesia cortese. A quella nordica, malinconica, dei
trovieri, i cantori del ciclo o matière
di Bretagna.
Germania – È
invernale? Si fa
molta musica in Germania in famiglia, e “la musica è per sua natura squisitamente invernale”, attesta Savinio.
A
lungo si è voluta francese.
Molti tedeschi si sono voluti francesi, fino al primo Ottocento. Non solo
Federico II Il Grande di Prussia, e Heine. Il barone d’Holbach. Il cavaliere Grimm
della “Correspondance littéraire” - il “piccolo profeta” della sua amante
madame d’Epinay e del di lei amico abate Galiani. Il giovane Anacharsis Cloots,
il rivoluzionario barone prussiano. Paul de Lagarde.
Lagarde, berlinese, nato a Berlino
Paul Anton Bötticher,
prese il nome della madre, di ascendenza lorenesi. Oggi dimenticato, fu uno amato
da molti Thomas: Carlyle, Masaryk e Thomas Mann, il quale lo nominò Praeceptor
Germaniae. Voleva Parigi rasa al suolo, e ungheresi, turchi, lapponi e
celti perire, in omaggio alla religione dell’avvenire - fine Ottocento pullula
di religioni dell’avvenire: in questa chiave si sostenne pure che il marxismo era opera dell’“ariano” Engels, cui
il semita Marx l’aveva rubato. Il genio di Gesù, sosteneva, fu di “non voler
essere ebreo”: Lagarde lo sostenne nell’ambito dell’“arianità” di Gesù,
dolicocefalo biondo.
L’inverso
è raro: Nicholas
Fréret voleva i franchi tedeschi, come erano all’origine. Il più tedesco di
tutti, tra Otto e Novecento, fu l’antropologo Vacher de Lapouge. Magistrato, poi
bibliotecario universitario (Montpellier, Rennes, Poitiers), avendo fallito il
concorso per l’insegnamento universitario, socialista marxista, fondatore del
Partito Operaio Francese con Jules Guesde, poi membro della Sfio, il partito
socialista, allievo dei gesuiti, darwinista spenseriano, teorico
dell’eugenetica (divulgatore in Francia di Francis Galton, corrispondente e
traduttore di Madison Grant e Margaret Sanger), e dell’“arianesimo” in funzione
antisemita, apprezzato da George Bernard Shaw e Sorel, annesse ai dolicocefali
biondi Dante e Napoleone. In corrispondenza con Arthur Trebisch e altri
razzisti tedeschi
Fino a
Drumont l’“arianesimo” fu francese - in Germania ebbe un solo avvocato prima di
Hitler: Arthur Trebisch, che era ebreo.
Arnaud
de Quatrefages, padre dell’antropologia francese, aveva detto peraltro i
tedeschi “ariani” a metà, i prussiani essendo slavo-finnici, o finnici,
popolazione che il professore non stimava in quanto ramo inferiore della razza
bianca.
I tedeschi sono in realtà “francesi” anche in questo, nota Savinio, “Scatola sonora”, 137-8): “I Tedeschi, tre
volte in meno di un secolo, hanno mosso guerra ai Francesi. Per vincerli? No.
Per distruggerli? No. Per manducarli a scopo eucaristico. Per infranciosarsi
(per indiarsi… Dieu est-il français?)”.
Con una coda: “In altri tempi, e quando non la Francia ma l’Italia
era la sirena di turno, i Tedeschi, e con lo stesso fine eucaristico, cercavano
di manducarsi l’Italia (Goethe)”.
Intellettuale - Una volta “intellettuali”
erano gli ebrei, era una colpa. È invenzione, un secolo e mezzo fa, del
sociologo Ferdinand Tönnies, contro Spinoza e la sua “determinazione
intellettualistica degli affetti”.
Ernst Jünger – L’unico autore del Novecento di cui non si sia fatta una
“sistemazione” critica, benché tedesco. Nemmeno biografica – giusto un rororo
(che lo fa “precursore del nazismo”…). Eppure resiste, si fa leggere.
Manzoni –
“Scrittore degli umili” lo vuole Praz, “Il mondo che ho visto”, 435. Come
Tolstòj. Di più, sempre, in tutta l’opera, “compresa la sua lirica e il suo teatro”:
“Non sono forse «I Promessi Sposi» l’epos degli umili, un tributo alla loro
bontà impulsiva, ai tesori d compassione, di pazienza e di rassegnazione
contenuti nelle loro anime?”. Nella
saggistica, la corrispondenza e la vita domestica non si direbbe. Ma Praz
insiste, avendo avviato un parallelo tra Manzoni, misconosciuto, e Tolstòj,
invece celebrato, per l’impegno sociale. Il parallelo fondando su due pilastri:
“Anch’egli (Manzoni, n.d.r.) credeva all’importanza della folla anonima, degli
atti che la storia non registra; per lui soltanto l’attività inconscia recava
frutto”. E per l’impegno: tutta l’opera di Manzoni “non è forse permeata da simpatia
per gli oppressi, per le lacrime che nessuno ha mai confortato nei secoli, pel
travaglio e i sacrifici che formano la trama della storia, pei deboli che
tremano in silenzio, per le tribù disperse e senza nome?”.
Di
fronte alla disattenzione per Manzoni, lo stesso Praz rivendica di stare con
Emilio Cecchi, “che dei tre sommi romanzi dell’Ottocento, l’«Educazione
sentimentale» di Flaubert, «Guerra e pace» di Tolstòj, e «I Promessi Sposi»,
quest’ultimo giudicava superiore agli altri due”.
Egidio Menaggio – È Gilles Ménage, poeta e saggista francese del Seicento, latinizzato
Aegidius Menagius, ma più conosciuto come Egidio Menaggio. Autore del primo
dizionario etimologico dell’italiano, “Origini della lingua italiana” (sarà un
altro straniero, Gerhard Rohlfs, a redigere un una prima voluminosa “Grammatica
della lingua italiana e dei suoi dialetti”, licenziata a dicembre 1946 – ma
redatta in tedesco), pubblicate a Ginevra, “appresso Giovanni Antonio
Chouet”, “Compilate dal S.re Egidio
Menagio, gentiluomo francese”, 1669.
Ménage era versato anche in spagnolo, ma l’italiano era allora la lingua
dominante sulla scena culturale. Fu avvocato, poi priore di Montdidier, nella
Somme, sacerdote, protetto dal cardinale de Retz, favorito del cardinale
Mazzarino, e della contessa de la Fayette, Marie-Madeleine Pioche de la Vergne.
In polemica un po’ con tutti, fu satireggiato da Boileau e da Molière (è
Vadius, l’erudito pedante delle “Donne saccenti”), ma si fece molti nemici per
averli satireggiati, e per questo non fu accettato all’Accademia francese. Fu
invece socio onorato dell’Accademia della Crusca – anche se in polemica con la
stessa Accademia sulle origini dell’italiano.
Polacco –
Lingua impraticabile la dice Praz, “Il mondo che ho visto”,466. Come
l’irlandese, ma per un motivo: “Lo stile
rinascimentale fu adottato in Polonia con la stessa aria impacciata con cui
adottarono l’alfabeto latino per la loro lingua, in cui non si è mai interrotto
l’andazzo medievale di rappresentare con due lettere un suono unico,
conservando così l’uso di consonanti parassitarie che rendono assai malagevole
la lettura onde quell’accavallarsi di cz,
dz, rz, sz che non danno
alcuna idea della pronuncia a cui basterebbe un solo segno”. Con “la elle
tagliata”.
E
aggiunge: “La conservazione d’un alfabeto ingombrante come un prato autunnale
cosparso di foglie morte è certamente dovuta
a quella coscienza della propria nazionalità che la Murdoch diceva
comune ai polacchi e agli irlandesi”. Il riferimento è a una lettera che Iris
Murdoch gli aveva scritto “in agosto”, Praz scrive nel 1974, in cui raccontava di un viaggio in
Polonia, con questa considerazione: “Non ho mai conosciuto un paese così
conscio della propria storia, salvo l’Irlanda”.
Spia - Ci sono sempre spioni nelle
storie di Stendhal e non cambiano niente. Ce n’è almeno uno in ogni storia.
Usa – Erano,
prima della seconda guerra, il paese più lontano-vicino al socialismo. Poi la parola,
oltre che la cosa, è diventata quasi un reato, con la guerra fredda, e il ruolo
imperiale. Ma prima della guerra erano il paese in
Occidente più aperto al socialismo. Per un sindacalismo perfino eroico,
combattuto con centinaia di morti. E in letteratura per le simpatie, e anche
l’impegno diretto in politica, di tanti scrittori, Steinbeck,
“Furore”, “Uomini e topi”,
“La battaglia”, tradotto da Montale, nel 1940!, Dos Passos, Hammett, e di molta Hollywood, nonché per l’unanimità nella guerra di Spagna, per la Repubblica. Con
Hemingway – a suo modo anche Pound. Nel 1937 un comitato di intellettuali
americani, capitanato da John Dewey, si fece tribunale in Messico di Trockij,
delle accuse che Stalin gli muoveva – gli fecero un vero e proprio processo, e
lo assolsero.
letterautore@antiit.eu
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