giovedì 30 aprile 2020

Letture - 419

letterautore

Caffettano –La veste dei principi russi e polacchi fino a tutto il ‘500, e anche nel ‘600, lo dice Praz in “Il mondo che ho visto”,  474, quando cominciarono a passare alle fogge europee.
L’indumento e la parola sono di origine persiana. 
Fra gli ebrei poveri dei villaggi fra Russia, Ucraina e Polonia l’abbigliamento orientale fu perpetuato fino al primo Novecento. Albert Cohen, in “Bella del Signore”, che ambienta negli anni 1930, descrive così vestiti i parenti del suo personaggio, uno che ha fatto una grande carriera alla Società delle Nazioni, che vanno a trovarlo sgraditi a Ginevra. 

Don Giovanni – Perché non verrebbe da Galvano, il sir Gawain nipote di re Artù? Galvano-Gawain, nel suo girovagare all’appuntamento con il Cavaliere Verde, si sente come obbligato a giacere con le dame che lo ospitano. Non per sua particolare foja – e non sappiamo se con soddisfazione.
Si collegherebbe così alla poesia cortese. A quella nordica, malinconica, dei trovieri, i cantori del ciclo o matière di Bretagna. 

Germania – È invernale? Si fa molta musica in Germania in famiglia, e “la musica è per sua natura squisitamente invernale”, attesta Savinio.

A lungo si è voluta francese. Molti tedeschi si sono voluti francesi, fino al primo Ottocento. Non solo Federico II Il Grande di Prussia, e Heine. Il barone d’Holbach. Il cavaliere Grimm della “Correspondance littéraire” - il “piccolo profeta” della sua amante madame d’Epinay e del di lei amico abate Galiani. Il giovane Anacharsis Cloots, il rivoluzionario barone prussiano. Paul de Lagarde.
Lagarde, berlinese, nato a Berlino Paul Anton Bötticher, prese il nome della madre, di ascendenza lorenesi. Oggi dimenticato, fu uno amato da molti Thomas: Carlyle, Masaryk e Thomas Mann, il quale lo nominò Praeceptor Germaniae. Voleva Parigi rasa al suolo, e ungheresi, turchi, lapponi e celti perire, in omaggio alla religione dell’avvenire - fine Ottocento pullula di religioni dell’avvenire: in questa chiave si sostenne pure che il marxismo era opera dell’“ariano” Engels, cui il semita Marx l’aveva rubato. Il genio di Gesù, sosteneva, fu di “non voler essere ebreo”: Lagarde lo sostenne nell’ambito dell’“arianità” di Gesù, dolicocefalo biondo.
L’inverso è raro: Nicholas Fréret voleva i franchi tedeschi, come erano all’origine. Il più tedesco di tutti, tra Otto e Novecento, fu l’antropologo Vacher de Lapouge. Magistrato, poi bibliotecario universitario (Montpellier, Rennes, Poitiers), avendo fallito il concorso per l’insegnamento universitario, socialista marxista, fondatore del Partito Operaio Francese con Jules Guesde, poi membro della Sfio, il partito socialista, allievo dei gesuiti, darwinista spenseriano, teorico dell’eugenetica (divulgatore in Francia di Francis Galton, corrispondente e traduttore di Madison Grant e Margaret Sanger), e dell’“arianesimo” in funzione antisemita, apprezzato da George Bernard Shaw e Sorel, annesse ai dolicocefali biondi Dante e Napoleone. In corrispondenza con Arthur Trebisch e altri razzisti tedeschi
Fino a Drumont l’“arianesimo” fu francese - in Germania ebbe un solo avvocato prima di Hitler: Arthur Trebisch, che era ebreo.
Arnaud de Quatrefages, padre dell’antropologia francese, aveva detto peraltro i tedeschi “ariani” a metà, i prussiani essendo slavo-finnici, o finnici, popolazione che il professore non stimava in quanto ramo inferiore della razza bianca.

I tedeschi sono in realtà “francesi” anche in questo, nota Savinio,  “Scatola sonora”, 137-8): “I Tedeschi, tre volte in meno di un secolo, hanno mosso guerra ai Francesi. Per vincerli? No. Per distruggerli? No. Per manducarli a scopo eucaristico. Per infranciosarsi (per indiarsi… Dieu est-il français?)”.
Con una coda: “In altri tempi, e quando non la Francia ma l’Italia era la sirena di turno, i Tedeschi, e con lo stesso fine eucaristico, cercavano di manducarsi l’Italia (Goethe)”.

Intellettuale - Una volta “intellettuali” erano gli ebrei, era una colpa. È invenzione, un secolo e mezzo fa, del sociologo Ferdinand Tönnies, contro Spinoza e la sua “determinazione intellettualistica degli affetti”.

Ernst Jünger – L’unico autore del Novecento di cui non si sia fatta una “sistemazione” critica, benché tedesco. Nemmeno biografica – giusto un rororo (che lo fa “precursore del nazismo”…). Eppure resiste, si fa leggere.

Manzoni – “Scrittore degli umili” lo vuole Praz, “Il mondo che ho visto”, 435. Come Tolstòj. Di più, sempre, in tutta l’opera, “compresa la sua lirica e il suo teatro: “Non sono forse «I Promessi Sposi» l’epos degli umili, un tributo alla loro bontà impulsiva, ai tesori d compassione, di pazienza e di rassegnazione contenuti nelle loro anime?”. Nella saggistica, la corrispondenza e la vita domestica non si direbbe. Ma Praz insiste, avendo avviato un parallelo tra Manzoni, misconosciuto, e Tolstòj, invece celebrato, per l’impegno sociale. Il parallelo fondando su due pilastri: “Anch’egli (Manzoni, n.d.r.) credeva all’importanza della folla anonima, degli atti che la storia non registra; per lui soltanto l’attività inconscia recava frutto”. E per l’impegno: tutta l’opera di Manzoni “non è forse permeata da simpatia per gli oppressi, per le lacrime che nessuno ha mai confortato nei secoli, pel travaglio e i sacrifici che formano la trama della storia, pei deboli che tremano in silenzio, per le tribù disperse e senza nome?”.
Di fronte alla disattenzione per Manzoni, lo stesso Praz rivendica di stare con Emilio Cecchi, “che dei tre sommi romanzi dell’Ottocento, l’«Educazione sentimentale» di Flaubert, «Guerra e pace» di Tolstòj, e «I Promessi Sposi», quest’ultimo giudicava superiore agli altri due”.

Egidio Menaggio – È Gilles Ménage, poeta e saggista francese del Seicento, latinizzato Aegidius Menagius, ma più conosciuto come Egidio Menaggio. Autore del primo dizionario etimologico dell’italiano, “Origini della lingua italiana” (sarà un altro straniero, Gerhard Rohlfs, a redigere un una prima voluminosa “Grammatica della lingua italiana e dei suoi dialetti”, licenziata a dicembre 1946 – ma redatta in tedesco), pubblicate a Ginevra, “appresso Giovanni Antonio Chouet”,  “Compilate dal S.re Egidio Menagio, gentiluomo francese”, 1669.
Ménage era versato anche in spagnolo, ma l’italiano era allora la lingua dominante sulla scena culturale. Fu avvocato, poi priore di Montdidier, nella Somme, sacerdote, protetto dal cardinale de Retz, favorito del cardinale Mazzarino, e della contessa de la Fayette, Marie-Madeleine Pioche de la Vergne. In polemica un po’ con tutti, fu satireggiato da Boileau e da Molière (è Vadius, l’erudito pedante delle “Donne saccenti”), ma si fece molti nemici per averli satireggiati, e per questo non fu accettato all’Accademia francese. Fu invece socio onorato dell’Accademia della Crusca – anche se in polemica con la stessa Accademia sulle origini dell’italiano.

Polacco – Lingua impraticabile la dice Praz, “Il mondo che ho visto”,466. Come l’irlandese, ma per un  motivo: “Lo stile rinascimentale fu adottato in Polonia con la stessa aria impacciata con cui adottarono l’alfabeto latino per la loro lingua, in cui non si è mai interrotto l’andazzo medievale di rappresentare con due lettere un suono unico, conservando così l’uso di consonanti parassitarie che rendono assai malagevole la lettura onde quell’accavallarsi di cz, dz, rz, sz che non danno alcuna idea della pronuncia a cui basterebbe un solo segno”. Con “la elle tagliata”.
E aggiunge: “La conservazione d’un alfabeto ingombrante come un prato autunnale cosparso di foglie morte è certamente dovuta  a quella coscienza della propria nazionalità che la Murdoch diceva comune ai polacchi e agli irlandesi”. Il riferimento è a una lettera che Iris Murdoch gli aveva scritto “in agosto”, Praz scrive nel 1974, in cui raccontava di un viaggio in Polonia, con questa considerazione: “Non ho mai conosciuto un paese così conscio della propria storia, salvo l’Irlanda”.  

Spia - Ci sono sempre spioni nelle storie di Stendhal e non cambiano niente. Ce n’è almeno uno in ogni storia.

Usa – Erano, prima della seconda guerra, il paese più lontano-vicino al socialismo. Poi la parola, oltre che la cosa, è diventata quasi un reato, con la guerra fredda, e il ruolo imperiale. Ma prima della guerra erano il paese in Occidente più aperto al socialismo. Per un sindacalismo perfino eroico, combattuto con centinaia di morti. E in letteratura per le simpatie, e anche l’impegno diretto in politica, di tanti scrittori, Steinbeck, “Furore”, “Uomini e topi”,
“La battaglia”, tradotto da Montale, nel 1940!, Dos Passos, Hammett, e di molta Hollywood, nonché per l’unanimità nella guerra di Spagna, per la Repubblica. Con Hemingway – a suo modo anche Pound. Nel 1937 un comitato di intellettuali americani, capitanato da John Dewey, si fece tribunale in Messico di Trockij, delle accuse che Stalin gli muoveva – gli fecero un vero e proprio processo, e lo assolsero.

letterautore@antiit.eu

Nessun commento:

Posta un commento