domenica 26 aprile 2020

Se l’untore è il sistema sanitario

Dilaga sul coronavirus il compiacimento da fine del mondo, indotto dal facile “colore” mediatico. Una sorta di voglia di Anno Mille. Non è un effetto inoffensivo della pandemia: ritarda o impedisce la riflessione sui troppi nodi che l’hanno resa mortale, per prima in Italia. E potrebbe infettare la fase 2 che si annuncia, con nuovi focolai.
Il virus ha colpito i paesi dell’ex Occidente: l’Europa occidentale e gli Stati Uniti. Poco o niente, al confronto, altrove: nella stessa Cina e in Asia, nell’Est Europeo, Russia compresa, in Medio Oriente, in Africa, in America Latina.
E in Occidente ha colpito alcuni paesi molto più che altri: Italia, Spagna, Gran Bretagna, Francia, a differenza di Germania, Austria, Svizzera, Portogallo, paesi scandinavi.
La diffusione del contagio è l’effetto di una spesa sanitaria insufficiente? L’Italia in effetti spende in sanità l’8,8 per cento del pil, contro l’11 per cento della Svezia e l’11,3 per cento della Germania. Ma la Francia spende, in quota del pil, quanto la Germania. 
Il virus ha colpito di più dove le condizioni di lavoro (produzione) erano più affollate, sregolate? Ma allora perché in Lombardia-Emilia sì e non nel Napoletano, nell’economia in nero, affollata e sregolata per definizione?
La risposta sanitaria è stata sbagliata? I tanti ricoveri. I tanti rinvii-condanna dagli ospedali alle Rsa, le case di riabilitazione. Il deficit o la disattivazione dell’assistenza sanitaria di base – troppi, con troppe morti, i contagiati che sono stati “visti” dopo giorni e settimane di insistenze.
Questo è probabile, anzi certo. Potrebbe da solo spiegare l’eccesso di morti in Toscana, Emilia, Lombardia, che vantavano l’eccellenza sanitaria per avere meglio “riorganizzato”, cioè tagliato i costi, accentrando tutto sull’ospedale.

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