Vittorio
Feltri ha periodicamente la necessità di inveire, contro i terroni, gli
immigrati, gli islamici, per restare sull’onda. Accudito probabilmente da
qualche extracomunitario. Da direttore dell’“Europeo” regalò il Corano. Da
direttore del “Giornale” stimava molto Totò Delfino: “Mi fa vendere 400 copie”,
in Calabria. Fa un po’ il clown e un po’ l’augusto del circo – i media lo
privilegiano per questo.
“Diabolik
già dal ’92 faceva affari (di droga) con i boss della camorra”, si legge di
Fabrizio Piscitelli, noto solo come capo ultrà della Lazio, la squadra di
calcio, assassinato lo scorso agosto. “Informativa finale della Finanza al Pm”, che
indaga sull’assassinio: “Ricostruiti trent’anni di carriera criminale”. Il crimine
una carriera? Ma non è un titolo sbagliato. Una carriera che le polizie
registrano, senza intervenire. Per trent’anni, o quasi, Diabolik ha potuto
trafficare la droga, ed è finito male solo perché un’altra mafia lo ha ucciso.
Il discorso sulle mafie è un discorso sulle antimafie, comprese le polizie.
Il virus
clemente
Molte
regioni del Sud, Sardegna, Sicilia, Calabria, Basilicata, Campania, Molise,
vedono limitato al 10 per cento, più o meno, il numero dei contagiati di
coronavirus deceduti - altrove il rapporto va sul 20 per cento. Effetto di una
gestione più oculata del contagio.
Il
numero dei contagi nelle stesse regioni è relativamente limitato, relativamente
ai residenti. E
malgrado situazioni di forte densità abitativa, in Campania soprattutto,
la conurbazione Napoli-Caserta, e in Sicilia nell’area metropolitana di
Palermo. Questo si può attribuire alla scarsa industrializzazione. Non
ci saranno state lavorazioni intensive, portate avanti in condizioni di facile
contagio, come in Lombardia, Emilia, Liguria, Piemonte, Veneto, Toscana,
Marche. Ma anche di rispetto delle regole imposte dal governo. Da parte dei
sindaci, e della gente.
Lerner,
che in tema di governo della pandemia sul “Venerdì” se la prende con “l’Italia
dei viceré”, dei presidenti di regione che fanno da sé, ne ha solo per De Luca
(Campania), Musumeci (Sicilia), Emiliano (Puglia) e Santelli (Calabria). De
Luca, socialista onesto e ottimo amministratore, sberleffa con Zaia, “il Doge
delle Tre Venezie”. Il leghismo è una forma mentale prima che un partito. Un riflesso
condizionato.
La vitalità
indiavolata
Mario
Praz ha, “Il mondo che ho visto”, 359, il “paesaggio del Nord” e quello “del
Sud”: “Nel Sud il paesaggio viene a noi sotto forma di mito, si umanizza, nel
Nord noi ci dilatiamo alla misura del paesaggio, diventiamo natura”. Che non
(sempre) è vero – e anche il contrario si vede, al cinema e in pittura. Ma allarga,
sancisce la divisione tra Nord e Sud, due entità poco geografiche – il Nord dell’Italia,
pur tanto nordista, è il Sud della Germania – e più che altro metafisiche.
Praz
ha anche un Baudelaire che lamenta il Mezzogiorno, inteso come Sud. Mentre
invece lamenta Mezzogiorno (Midi) inteso come ora canonica del solleone. Del Sud
Baudelaire, che non lo conosceva, aveva opinione come di paradiso terrestre, nei
“Poemetti in prosa” trovando “nei profumi selvatici tutta la vitalità
indiavolata del Mezzogiorno francese, Nîmes, Aix, Arles, Avignone, Narbonne,
Tolosa, città benedette dal sole, romantiche e incantevoli”.
L’organizzazione
della mafia
Nelle
statistiche criminali (furti, violenze, assassinii) il Sud non figura peggio di
altri posti. Ma è oberato dalle mafie, che sono sicuramente meridionali. Affaristi
ce ne sono ovunque, e anche violenti, ma al Sud la criminalità si vuole “organizzata”.
Con cellule, federazioni, confederazioni, comitati centrali o cupole: è
l’organizzazione che fa la differenza. Per questo il malaffare è solo al Sud.
Ma
c’è l’organizzazione delle mafie? C’è e non c’è – nessun mafioso si fa scrupolo
di aggredire un’altra mafia, se è nei suoi interessi. E quando c’è, si cambia.
Generazionalmente o anche prima, all’occorrenza. Il “modello” mafioso è
piuttosto anarcoide.
C’è
invece ferma, fissa, nell’apparato di contrasto, giudici e polizie. E (ma)
questo spiega probabilmente l’insufficienza del contrasto: il ritardo. In attesa
che l’organizzazione si configuri possono passare – passano – decenni, di immunità.
E si finisce per intervenire a contrasto quando il danno è irreparabile, alla
persona, all’impresa, al territorio alla società. In aree di mafia il vecchio
principio che a un’azione corrisponde una reazione non si applica. Ci vogliono
tavole sinottiche, alberi genealogici, diramazioni internazionali, laboriosi
organigrammi, e quindi l’interdizione ritarda. Tanto più se non si manifesta il
necessario attaccapanni politico. L’organizzazione mafiosa diventa: la mafia
non c’è se non è organizzata. Cioè c’è, poiché se ne archiviano i misfatti, ma non
si interviene.
Calabria
Ercole è stato anche in Calabria. Al passaggio tra le due chorai di Reggio e Locri, le province
per così dire, separate da un fiume di nome Alece. Lo racconta Diodoro Siculo
in un celebre passaggio. Celebre - Valentina Consoli spiega nel saggio “La
dedica ad Eracle Reggino da Castellace di Oppido Mamertina: un’iscrizione
efebica? – perché al passaggio Ercole fu molestato dalle cicale.
La
scuola di Pitagora a Crotone fu distrutta dal popolo: tutti uccisi - eccetto due
giovani, Archippo e Liside, fuggiti in tempo. Pitagora, assente, morirà presto
a Metaponto, forse suicida. Era colpevole di avere convinto la città a
resistere a Sibari, e insegnato come combatterla. Con successo. I notabili
dissero che voleva farsi dittatore, e i crotoniati provvidero a eliminarlo per
loro.
Ci
si chiede perché la Calabria non benefici della democrazia – è l’unica regione
che, nella storia repubblicana, è andata indietro, relativamente alle altre
regioni ma anche in assoluto (risparmio, commercio, mafie): forse non capisce
di che si tratta.
I
crotoniati non avevano idea di chi Pitagora fosse e rappresentasse, nel loro
angolo magnogreco e in generale. Non se ne curavano. Lo stesso oggi: non c’è stima
per la qualità, intellettuale o di altro tipo, nemmeno di facciata, per la
forma. Tutti sono uguali in Calabria, del genere todos Caballeros, più intelligenti, più buoni, più bravi, più
nobili. Una democrazia. Non produttiva?
È
un museo a cielo aperto per geologi e ogni specie di naturalista. Ha nella Sila
ancora vestigia di Foresta pluviale. Ha anche una riserva residua si sequoia
giganti, fino ai 30 metri
De
Amicis ha, nella prosa “Garibaldino fallito”, “la tragica cima d’Aspromonte”. Che
invece non ha cima, è una montagna non spigolosa. Che mostra, dice ancora De
Amicis, “nitida la sua fiera nudità colorata di viola”. Nudità che non ci sono.
Ma il colore viola sì.
Si
scopre nelle “Meraviglie d’Italia” di Angela in tv che le uniche carte che
consentono di avere un’idea del vecchio complesso di san Pietro in Vaticano prima
della basilica di Michelangelo e Bramante sono dovute a un cronista di Gerace,
Tiberio Alfarano. Un sacerdote che il vescovo di Gerace, Tiberio de Mutis,
portò a Roma, dal 1567 “chierico beneficiario” della Basilica Vaticana.
Alfarano
fece tre disegni particolareggiati della vecchia basilica, 1571, 1576 e 1582. E
nel 1582 redasse la guida “De Basilicae Vaticanae antiquissima et nova
structura”. Sconosciuto ai più, e anche a Gerace. Che però non è terra di
terremoti – le scosse telluriche si può supporre che scuotano la memoria.
leuzzi@antiit.eu
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