Appalti, fisco, abusi (172)
Asta Btp record, per ammontare, e per
quota sottoscritta dal pubblico, tre quarti di 22 miliardi e rotti. Per l’interesse
che il Btp paga, anche se minimo. Ma, di più, per la fiducia: nessuna paura di
perdere il capitale. È la riprova che le agenzie di rating non sono affidabili – a meno che non lavorino nel losco, per
la speculazione: allora avrebbero una razionalità.
L’Italia è affidabile come
Panama, per Standard & Poor’s. Come le Filippine. Meno del Botswana. O del
Messico, del Perù, della Malesia. Molto meno del Giappone - che invece è
raccomandato, pur avendo un debito al 300 per cento del pil, o poco ci manca. Anche
se l’Italia ha anche le terze riserve monetarie in oro al mondo, dopo gli Usa e
la Germania.
Fitch ricalca le valutazioni
di S & P’s. Moody’s mette l’Italia, in fatto di affidabilità, alla pari con
Ungheria e Romania, e col Kazakistan. Ma peggio di Panama e le Filippine. E molto
peggio del Botswana. Sempre valutando ottimamente, meglio di S & P’s, il
Giappone – oltre che il Botswana.
Il Kazakistan al livello
dell’Italia introduce un’altra dimensione del rating: la corruzione. I rating delle agenzie
non si basano su criteri standard e chiari, sono valutazioni politiche. Che
prescindono però anche dalla politica – il Kazakistan è una dittatura, regime
incerto per eccellenza – se la committenza paga.
Il criterio base del rating è l’affare, quanto l’agenzia ci
guadagna. Nelle valutazioni di banche e gruppi economici dichiaratamente, per
contratto. Nelle valutazioni dei paesi per criteri oscuri.
Parte il finanziamento agevolato, con fidejussione
assicurativa pubblica, per gli investimenti delle aziende colpite dal
coronavirus. Con un ruolo anche qui attivo delle banche, le grandi, Intesa, Unicredit, e anche quelle regionali, Bper, Mps, Bpm, etc.. E quindi a beneficio di tutto il Sistema Italia. Ma partono pure critiche feroci. Non da parte di chi fa dell’anticapitalismo
una missione. Da parte del corpaccione del potere - e dello stesso governo.
Da parte dell’ex ministro dell’Industria
Calenda. Del deputato di plurime legislature e titolare di vari dicasteri nella
XVIIma, Andrea Orlando. Di un paio di altri politici. Tutti del Pd, che però
finora è stato, da Prodi a D’Alema, Bersani, Renzi, il partito del capitale, ed
è l’asse del governo in carica, che ha deciso il finanziamento agevolato.
L’obiezione è all’automatismo legislativo:
se c’è automatismo, si indebolisce il controllo politico, il sottogoverno.
Sfuggono le aziende e sfuggono, soprattutto, le banche, beneficiarie indirette
della nuova corsa agli investimenti.
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