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venerdì 29 maggio 2020

C’è una legge anche per i social

L’Europa discute, se tassare o no i social per gli enormi profitti che realizzano con la pubblicità, il ciclone Trump dice e subito fa. Devono sottostare alle leggi contro la diffamazione e per la sicurezza dello Stato, e al controllo dell’ufficio federale per la correttezza sui mercati. Non possono cioè esimersi dai delitti di cui sono veicolo, e non possono truffare i concorrenti o il fisco.
Contro la regolamentazione di Trump è indubbio che si eserciteranno numerosi procuratori e giudici, federali e statali – il presidente è inviso all’establishment  americano. Anche perché Trump ha agito per reazione – al controllore dei contenuti di twitter, Yoel Roth, un attivista politico di Sanders, la sinistra del partito Democratico, molto attivo contro Trump, che gli aveva censurato due tweet come fake news. Ma la regolamentazione era da fare, da vent’anni almeno. Evitata colpevolmente da Clinton, Bush jr. e Obama, per ingraziarsi i potenti gestori dei social – solo uscendo dalla Casa Bianca Obama disse che la questione era “cruciale” per la democrazia. E al giudizio costituzionale passerà contro tutte le obiezioni che i social possano sollevare con i loro potenti trust legali.
L’esito traspare dal giubilo dei giornali, malgrado l’odio diffuso contro Trump, che vedono infine un freno all’impunità dei social e i siti online, liberi di rubare contenuti e idee.


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