Di tutto e di più. Si può anche rimodellare, a piacimento. “L’Antico Uno è nascosto e mascherato; il Microposopus è manifesto, e non è manifesto”. E “la barba della verità”? E lo zimzum? Il ritrarsi di Dio per permtere la creazione: Dio, Luce infinita, si ritrae per creare lo spazio. E la trasmigarzione delle anime, il gilgul? Attraverso la quale Isaac Luria pretendeva di conoscere le vite passate di ogni persona? E la gimatreya, il criterio di permutazione linguistica basato sui numeri? O la temura, la permutazione delle lettere? Si sostituisce una lettera con quella che la precede o la segue nell’alfabeto, e così un’altra parola d’ortografia totalmemte differente viene formulata – magari senza senso. Il più noto è il tetragrammaton, sul quale fiumi d’inchiostro si versano: IHVH è “perfettamente scritto” dai due lati, in quanto Adni, Adonai, denota l’H inferiore da un lato, e i punti del nome Alhim, Elohim, denotano l’H superiore dall’altro lato. Chiaro.
È l’ebraismo Chassidico, che considera la Cabala sacra e autorevole, l’ortodossia propagandata a partire dal Settecento, tra gli ebrei ashkenaziti polacchi, da Ba’al Shem Tov, rabbino e mistico, guaritore itinerante. Difficile orientarsi, per non cultori. A meno del rifiuto.Che è dentro la Qabbalah stessa, che più che altro sembra invitare i distingiuo, una dislocazione-reinvenzione costante. Di scuola, ma soprattutto di maestri, di sacerdoti della conoscenza, e quasi santi, in perenne, si direbbe violento, dissidio tra di loro: maestro non sopporta maestro. Non sistematizzabili, del resto, non criticamente, ma non rifiutabili, a meno di scomunica. Una lettura nell’evanescente. Non sgradevole, potendosela modellare come i primi racconti fantasy.
Busi,
ottimo mediatore della cultura ebraica sulla “Domenica” del “Sole 24 Ore”,
tenta qui l’impossibile: sbrogliare una mistica, che invece si vuole ghiommero,
inestricabile.
Giulio
Busi, La Qabbalah, Laterza, pp. 157
€ 10
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