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Il mistero del racconto nascosto
Anticipato dal “Robinson”, con una
presentazione di Paolo Mauri, qui con la postfazione di Mario Barenghi, che ne spiega il recupero
e lo sintonizza nell’opera e la vita di Calvino, “Flirt” è un racconto curioso
per tre motivi. Si legge d’un fiato pur essendo lungo. Non sfigura tra gli
scritti noti di Calvino, pur essendo probabilmente il suo primo racconto
compiuto, prima dei “Sentieri dei nidi di ragno” con cui debuttò nel 1947. Ed è
il primo tentativo di raccontare la Resistenza. Non in termini eroici, ma come
racconto di formazione, di un giovane fra i tanti: con una certa coscienza politica
ma non un militante, alieno dalle armi e dall’azione, e anche dall’avventura. E
allora: perché inedito?
Nella prefazione al rifacimento dei “Sentieri”
nel 1964, Calvino si identifica con Fenoglio, “Una questione privata”, un
racconto “costruito con la geometrica tensione d’un romanzo di follia amorosa”.
Come l’“Orlando Furioso”, suo romanzo di riferimento. In “Flirt” tutto questo
c’è. In piccolo, senza la follia, coi ritmi minuti e le tensioni circoscritte
che saranno la cifra di Bassani, del “racconto borghese”, ma c’è. E notevole,
tanto più per un’opera prima, di Calvino. Ma tanto più pone allora la domanda: perché
lasciarlo inedito?
L’innamoramento del giovane Attilio di “Flirt”,
un autoritratto nudo, fisico e mentale, dell’autore, viene troncato sulla
considerazione che lei, Vanda, la più bella della spiaggia, è inguaribilmente
una borghese. Non una che, come lui, non sa nulla della lotta armata, e il rapporto
col ragazzo magro e ombroso che lei ha prescelto concepisce come a due, mi
ami?, non mi ami? Tanto più per essere una ragazza in vacanza, tra i
bombardamenti alleati e i rastrellamenti tedeschi, tra le coetanee svagate che
solo s’ingegnano di pettegolare - come Calvino ventenne sa già illustrare in
una delle scene più vivide del racconto. Se non che Calvino è borghese: lo era
prima di salire in montagna col fratello sedicenne, lo riscoprirà qualche anno
dopo, lo è nella conduzione del racconto. Nella prefazione del 1964 lo ricorda:
“Ero stato, prima d’andare coi partigiani, un giovane borghese sempre vissuto
in famiglia; il mio tranquillo antifascismo era prima di tutto opposizione al
culto della forza guerresca, una questione di stile, di «sense of
humour», e tutt’a un tratto la coerenza con le mie opinioni mi portava in mezzo
alla violenza partigiana, a misurarmi su quel metro. Fu un trauma”. Il primo
di una serie – la partigianeria Calvino viveva con disagio. E allora: perché lasciare “Flirt”
inedito? L’avrà riletto con vergogna, invece che con orgoglio: è lui il
borghese, non la bella, innocua, Vanda.
È Attilio che riduce con Vanda la lotta partigiana
a “una vita pittoresca”, non richiesto. Di lei dicendosi: “Era una società che
moriva in costume da bagno”. E di sé: “Egli non era un vinto”. Orgoglioso,
naturalmente, quando i compagni operai trovano Vanda “una donna fenomenale”.
Conscio di un suo proprio “residuo dell’ombrosa adolescenza, quando la donna è una
terra misteriosa e irraggiungibile”. La vita in montagna dicendo poi di armi
inceppate, il “favoloso Thompson”, fame, e randagismo. Salvo quando, avendo
mangiato, non avendo camminato troppo nella giornata, e dormendo accanto al
fuoco, “ci si sveglia” al mattino, con bellissima immagine, “sgombri e spumanti
con una letizia come d’ancore salpate”. E “si prende a parlare di ragazze, con
i compagni stesi nella paglia, e si racconta e ci si passa le fotografie”.
Un racconto, riscorrendo “Il sentiero dei nidi
di ragno”, tanto più veritiero di quello: “Il sentiero” si riscopre pieno di
affettazione, nei nomi, nei personaggi, perfino bozzettistici, negli eventi. E
già, in tema di borghesie, presago della pacificazione anni 1990: della
Resistenza derubricata a guerra civile, tra giovani, più che altro confusi. Dei
volontari repubblichini, per restare sul terreno letterario, sicuramente
democratici: Fo, Albertazzi, Buzzati, Mastroianni, Gianni Brera, Del Boca. Kim,
il commissario politico, è “terribilmente chiaro, dialettico”, Kim “è logico”,
che ragiona così: “Da noi, niente va perduto, nessun gesto, nessuno sparo, pur
uguale al loro… L’altra è la parte dei gesti perduti, degli inutili furori,
perduti e inutili anche se vincessero, perché non fanno storia, non servono a
liberare ma a ripetere e perpetuare quel furore e quell’odio…”. Non c’è la ragione
e il torto, cioè no, c’è, ma non ci sono colpevoli.
Con un pizzico, già, del populismo di oggi. Il personaggio
detto Carabiniere è sicuro: “Gli studenti sono stati!”, a volere la guerra. E
insiste: “Nel ’40, a Napoli, sissignore, c’è stata una grande battaglia tra gli
studenti e i carabinieri! E se noi carabinieri gliele avessimo date, la guerra
non ci sarebbe stata! Ma gli studenti volevano bruciare i municipi” Mussolini è
stato costretto a fare la guerra!” E non deflette, il suo concetto di classe è
ben antiborghese: “Ci sono due forze in lotta, i carabinieri, povera gente che
vuole tenere l’ordine, e gli studenti, la razz dei pezzi grossi, dei cavalieri,
degli avvocati, dei dottori, dei commendatori…”.
Ma, poi, è il solito Calvino, onesto. Nella
prefazione 1964 spiega che i racconti della Resistenza furono scritti, da lui e
gli altri, dopo aver letto, finita la censura, “Per chi suona la campana”, di
Hemingway. Con un pizzico di sovietismo: l’irregolare Babel de “L’armata a
cavallo”, e “La disfatta” di Fadeev – lo scrittore, suicida alla destalinizzazione,
che era subentrato a Gor’kij a capo dell’Unione Scrittori, per andare ai
congressi della Pace nel dopoguerra e acclamato dire: “Se gli sciacalli
imparassero a scrivere a macchina e le iene a usare la biro, scriverebbero le
stesse cose di Henry Miller, Eliot, Malraux e i vari Sartre”. Ma poi, aggiunge,
“mettendomi a scrivere qualcosa come «Per chi suona la campana» di Hemingway, volevo insieme
scrivere qualcosa come «L’isola del tesoro» di Stevenson”. Una vera
opera prima, vorace. Con un omaggio a Pavese: “Indovinò dal «Sentiero» tutte
le mie predilezioni letterarie. Nominò anche Nievo, a cui avevo voluto dedicare
un segreto omaggio ricalcando l’incontro di Pin (Calvino, n.d.r.) con Cugino sull’incontro
di Carlino con lo Spaccafumo nelle «Confessioni di un italiano»”.
Italo Calvino, Il sentiero dei nidi di ragno, con il racconto inedito Flirt prima di battersi, Oscar p. 216 €
13,50
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