mercoledì 20 maggio 2020

Il mistero del racconto nascosto

Anticipato dal “Robinson”, con una presentazione di Paolo Mauri, qui con la postfazione  di Mario Barenghi, che ne spiega il recupero e lo sintonizza nell’opera e la vita di Calvino, “Flirt” è un racconto curioso per tre motivi. Si legge d’un fiato pur essendo lungo. Non sfigura tra gli scritti noti di Calvino, pur essendo probabilmente il suo primo racconto compiuto, prima dei “Sentieri dei nidi di ragno” con cui debuttò nel 1947. Ed è il primo tentativo di raccontare la Resistenza. Non in termini eroici, ma come racconto di formazione, di un giovane fra i tanti: con una certa coscienza politica ma non un militante, alieno dalle armi e dall’azione, e anche dall’avventura. E allora: perché inedito?
Nella prefazione al rifacimento dei “Sentieri” nel 1964, Calvino si identifica con Fenoglio, “Una questione privata”, un racconto “costruito con la geometrica tensione d’un romanzo di follia amorosa”. Come l’“Orlando Furioso”, suo romanzo di riferimento. In “Flirt” tutto questo c’è. In piccolo, senza la follia, coi ritmi minuti e le tensioni circoscritte che saranno la cifra di Bassani, del “racconto borghese”, ma c’è. E notevole, tanto più per un’opera prima, di Calvino. Ma tanto più pone allora la domanda: perché lasciarlo inedito?
L’innamoramento del giovane Attilio di “Flirt”, un autoritratto nudo, fisico e mentale, dell’autore, viene troncato sulla considerazione che lei, Vanda, la più bella della spiaggia, è inguaribilmente una borghese. Non una che, come lui, non sa nulla della lotta armata, e il rapporto col ragazzo magro e ombroso che lei ha prescelto concepisce come a due, mi ami?, non mi ami? Tanto più per essere una ragazza in vacanza, tra i bombardamenti alleati e i rastrellamenti tedeschi, tra le coetanee svagate che solo s’ingegnano di pettegolare - come Calvino ventenne sa già illustrare in una delle scene più vivide del racconto. Se non che Calvino è borghese: lo era prima di salire in montagna col fratello sedicenne, lo riscoprirà qualche anno dopo, lo è nella conduzione del racconto. Nella prefazione del 1964 lo ricorda: “Ero stato, prima d’andare coi partigiani, un giovane borghese sempre vissuto in famiglia; il mio tranquillo antifascismo era prima di tutto opposizione al culto della forza guerresca, una questione di stile, di «sense of humour», e tutt’a un tratto la coerenza con le mie opinioni mi portava in mezzo alla violenza partigiana, a misurarmi su quel metro. Fu un trauma”. Il primo di una serie – la partigianeria Calvino viveva con disagio. E allora: perché lasciare “Flirt” inedito? L’avrà riletto con vergogna, invece che con orgoglio: è lui il borghese, non la bella, innocua, Vanda.
È Attilio che riduce con Vanda la lotta partigiana a “una vita pittoresca”, non richiesto. Di lei dicendosi: “Era una società che moriva in costume da bagno”. E di sé: “Egli non era un vinto”. Orgoglioso, naturalmente, quando i compagni operai trovano Vanda “una donna fenomenale”. Conscio di un suo proprio “residuo dell’ombrosa adolescenza, quando la donna è una terra misteriosa e irraggiungibile”. La vita in montagna dicendo poi di armi inceppate, il “favoloso Thompson”, fame, e randagismo. Salvo quando, avendo mangiato, non avendo camminato troppo nella giornata, e dormendo accanto al fuoco, “ci si sveglia” al mattino, con bellissima immagine, “sgombri e spumanti con una letizia come d’ancore salpate”. E “si prende a parlare di ragazze, con i compagni stesi nella paglia, e si racconta e ci si passa le fotografie”.
Un racconto, riscorrendo “Il sentiero dei nidi di ragno”, tanto più veritiero di quello: “Il sentiero” si riscopre pieno di affettazione, nei nomi, nei personaggi, perfino bozzettistici, negli eventi. E già, in tema di borghesie, presago della pacificazione anni 1990: della Resistenza derubricata a guerra civile, tra giovani, più che altro confusi. Dei volontari repubblichini, per restare sul terreno letterario, sicuramente democratici: Fo, Albertazzi, Buzzati, Mastroianni, Gianni Brera, Del Boca. Kim, il commissario politico, è “terribilmente chiaro, dialettico”, Kim “è logico”, che ragiona così: “Da noi, niente va perduto, nessun gesto, nessuno sparo, pur uguale al loro… L’altra è la parte dei gesti perduti, degli inutili furori, perduti e inutili anche se vincessero, perché non fanno storia, non servono a liberare ma a ripetere e perpetuare quel furore e quell’odio…”. Non c’è la ragione e il torto, cioè no, c’è, ma non ci sono colpevoli.
Con un pizzico, già, del populismo di oggi. Il personaggio detto Carabiniere è sicuro: “Gli studenti sono stati!”, a volere la guerra. E insiste: “Nel ’40, a Napoli, sissignore, c’è stata una grande battaglia tra gli studenti e i carabinieri! E se noi carabinieri gliele avessimo date, la guerra non ci sarebbe stata! Ma gli studenti volevano bruciare i municipi” Mussolini è stato costretto a fare la guerra!” E non deflette, il suo concetto di classe è ben antiborghese: “Ci sono due forze in lotta, i carabinieri, povera gente che vuole tenere l’ordine, e gli studenti, la razz dei pezzi grossi, dei cavalieri, degli avvocati, dei dottori, dei commendatori…”.     
Ma, poi, è il solito Calvino, onesto. Nella prefazione 1964 spiega che i racconti della Resistenza furono scritti, da lui e gli altri, dopo aver letto, finita la censura, “Per chi suona la campana”, di Hemingway. Con un pizzico di sovietismo: l’irregolare Babel de “L’armata a cavallo”, e “La disfatta” di Fadeev – lo scrittore, suicida alla destalinizzazione, che era subentrato a Gor’kij a capo dell’Unione Scrittori, per andare ai congressi della Pace nel dopoguerra e acclamato dire: “Se gli sciacalli imparassero a scrivere a macchina e le iene a usare la biro, scriverebbero le stesse cose di Henry Miller, Eliot, Malraux e i vari Sartre”. Ma poi, aggiunge, “mettendomi a scrivere qualcosa come «Per chi suona la campana» di Hemingway, volevo insieme scrivere qualcosa come «L’isola del tesoro» di Stevenson”. Una vera opera prima, vorace. Con un omaggio a Pavese: “Indovinò dal «Sentiero» tutte le mie predilezioni letterarie. Nominò anche Nievo, a cui avevo voluto dedicare un segreto omaggio ricalcando l’incontro di Pin (Calvino, n.d.r.) con Cugino sull’incontro di Carlino con lo Spaccafumo nelle «Confessioni di un italiano»”.
Italo Calvino, Il sentiero dei nidi di ragno, con il racconto inedito Flirt prima di battersi, Oscar p. 216 € 13,50


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