La Francia dal finestrino – Mark Twain prima di Mark Twain
Versailles gli piace, almeno quella – è meglio
del Colosseo: “Il posto vale il pellegrinaggio. Tutto è gigantesco. Niente è piccolo,
niente è meschino. Le statue sono tutte grandi; il palazzo è grandioso”, etc.. Versailles
come il resto della Francia, vista dal finestrino del treno Marsiglia-Parigi:
“Che terra splendida! Che giardino! Il manto erboso di un verde squillante è
certamente spazzato, spazzolato e annaffiato ogni giorno; e l’erba deve essere
tagliata da un barbiere”. Non solo l’erba: “In Francia tutto marcia bene, tutto
è in ordine. Non si fanno sbagli. Un uomo su tre è in uniforme”, e vi dà tutte
le informazioni possibili, fino a mettervi sul vagone nel treno giusto che
cercate.
La parte più opaca di
un libro di viaggio, la prima crociera americana nel Mediterraneo, 1867, che si
ripubblica solo perché il suo autore poi è diventato celebre. Ma umorista? Qui
ci prova, ma a nessun effetto – se non l’irritazione. La “storia di Abelardo” è
questa: “Eloisa è nata settecentosessantasei anni fa. Ha probabilmente avuto
dei genitori. Non se ne parla. Viveva con lo zio Fulberto, canonico della
cattedrale di Parigi. Non so che cosa sia un canonico di cattedrale, ma è quello
che era…Eloisa passò la maggior parte dell’infanzia nel convento di Argenteuil;
non ho mai sentito parlare di Argenteuil, ma supponiamo che il posto esista
effettivamente…” .
Mark Twain, Finalmente Parigi, Mattioli 1885, pp. 168 € 16
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