Nel 1879, dieci
anni dopo la prima missione in Russia e in Persia, c’è stato un nuovo allarme
in Europa, sempre per il colera in Russia, ai bordi del Volga presso Astrakan.
Ma l’epidemia era stata presto circoscritta, grazie a un generale Melikoff – “in
quel focolaio non perirono 400 persone”.
Anche allora c’era la Cina, con la peste, ma era lontana: “La peste di Canton del 1894 passò quasi inosservata.
Non si trattava è vero che di Cinesi. Causò tuttavia la morte di 100 mila
persone”. La peste di Canton e di Hong Kong in realtà, che si manifestò anche a
Pakhoi, la “porta della Cina” nel bordo settentrionale del Golfo del Tonchino,
a Nord di quella che era allora era l’Indocina francese.
La peste di
Bombay due anni dopo, invece, provocò allarme in tutta Europa, per la morte tra
settembre e ottobre a Londra di due marinai che venivano dalla città indiana. Si parlò
perfino di isolare l’Inghilterra, nota il dottore. Il contagio fu circoscritto, ma si decise di “prendere delle misure comuni contro l’invasione e la
diffusione della peste”. Una Conferenza sanitaria internazionale fu convocata
per il 16 febbraio 1897 a Venezia.
Alla Conferenza si decise di applicare alla peste “il nuovo principio di base della profilassi
internazionale moderna”, stabilito sempre a Venezia nel 1892, alla Conferenza
sul colera. La misura decisa è una: che tocca ai paesi di approdo applicare le
proprie misure sanitarie di prevenzione a qualsiasi natante.
Il resto della
Conferenza sembra inverosimile. L’Inghilterra non vuole controlli, né dell’Egitto
né dell’impero ottomano, nel Golfo Persico, che considera suo dominio
esclusivo. La stessa Inghilterra decreta la sospensione in India, che allora
comprendeva il Pakistan, del pellegrinaggio alla Mecca – su richiesta esplicita
del dottor Proust. L’impero ottomano si oppose a qualsiasi protocollo congiunto
di risposta alla peste, giidicandolo un’intromissione nella sua autonomia legislativa.
La delegazione anglo-egiziana (l’Egitto era sotto protettorato inglese) litigò
con le potenze europee perché voleva “nazionalizzare” il Consiglio sanitario d’Egitto
ad Alessandria, che nella precedente
conferenza di Venezia, nel 1892, “aveva reso l’azione delle potenze
preponderante”. La questione indigna specialmente il dottor Proust, che lottò e
impose il mantenimento del Consiglio nella conformazione e nella sede attuale –
“Alessandria è la città del commercio”, etc. . Si esaminano i casi della
Persia, di Mascate, del Marocco. Infine, tutti sottoscrivono la cosiddetta
convenzione di Parigi del 1894. Sperando per il meglio.
Niente che possa
essere d’insegnamento oggi. Dove però non c’è nulla di nuovo. A parte il fatto
che quello era un altro mondo, benché solo poco più di un secolo fa:
colonizzato, direttamente o indirettamente, per il quale potevano decidere
poche potenze europee, Italia compresa. La sola differenza è la Cina: non
faceva parte del mondo, non essendo colonizzata.
La prima lezione
del volume è “La peste in Cina”. Quanto di più remoto – tra l’altro il dottor
Proust cita di passata “la situazione miserevole dell’impero ottomano,
aggravata dai recenti massacri di Armeni”, 1896. A Hong Kong i morti contati furono solo
2.500-3.000, su una popolazione di 200 mila abitanti. Ma “a Hong-Kong la prima
cosa che gli ammalati vedevano arrivando all’ospedale era una piramide di bare”.
A Canton i 100 mila morti stimati si rapportavano a una popolazione di 1,6
milioni. Una peste, quella cinese, con una particolarità (sarà la stessa nella “Peste”
di Camus, il romanzo della peste a Orano, in Algeria): “Un fatto interessante
fu constatato. A Canton e a Hong-Kong l’apparizione
del morbo fu preceduta dalla morte dei topi… In certi quartieri si contarono
fino a ventimila cadaveri di topi. In una sola strada ne son stati raccolti più
di 1.500”. La particolarità è che “la morte dei topi non è stata segnalata
nelle epidemie del Medio Evo” – né in quella, si può aggiungere, della Guerra
dei Trent’anni, quella di Manzoni: “Prima dell’inizio dell’epidemia, la
bestiola esce dalla sua tana sul pavimento o sul suolo della casa. Vacilla, si
gira su se stesso, butta sangue, e soccombe”. Un altro regalo dalla Cina? “Si è
detto anche che la razza dei topi che subiamo”, aggiunge il dottor Proust, “viene
dalla Cina, e che forse questa sola razza può essere infettata dalla peste”. Ma
poi ricorda che se ne parla già nella Bibbia, al libro di Samuele, capp. VI e
VII.
Adrien Proust, Défense de l’Europe contre la peste,
free online
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