L’isola è
peraltro dotata di molta storia. Recente – era disabitata fno a metà Settecento
- ma curiosa. È abitata infatti da “tabarkini”, famiglie genovesi di ritorno a
metà Settecento da Tabarca, l’isoletta sopra Tunisi che erano andati a colonizzare
due secoli prima.
Qui siamo
negli anni 1950, e Jünger può ancora godere della “potenza prodigiosa” delle
cose. Esperienze di
cui ha lasciato traccia anche nei “Diari”e in “Cacce sottili”. Qui è commosso. Dalle
persone. Dal geranio che fiorisce su un muro a secco. Dai terrazzamenti. Dalla
ritualità – i funerali nel “sole accecante”. Dall’ospitalità, che va con la
semplicità. Anche nella mattanza, “la carneficina” – l’isola era una tonnara: “il
risvolto mortale” di ogni bellezza.
Ernst Jünger,
San Pietro, Fausto
Lupetti, pp. 67 € 15
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