mercoledì 6 maggio 2020

Più Stato meno Cina - 2

Ci sarà comunque più Stato nelle economie occidentali in conseguenza della pandemia. Anche in quelle, come l’americana o la britannica, che più recalcitrano contro l’investimento pubblico.
Ci saranno dei capitali pubblici da risarcire, e nuovi investimenti a diretta filiazione pubblica, sia pure sotto forma di partecipazioni non di controllo.
Anche l’ottica va a cambiare. Non si sarà più il privilegio del privato, come è avvenuto negli ultimi trent’anni. Per esempio nella sanità.
In aggiunta alle circostanze già analizzate che giocano contro le catene internazionali (leggi: cinesi) di fornitura – in breve: l’esigenza di accrescere la quota nazionale di valore aggiunto - gli investimenti tecnologici necessitano ora di controlli. Che per natura sono nazionali – la sicurezza è ancora nazionale. Gli investimenti nella comunicazione e nell’intelligenza artificiale toccano la sicurezza, personale e nazionale, e la privacy, lidentità delle persone. I dati in gioco sono sensibili a tutti gli effetti, commerciali o economici, giuridici, e perfino – come si vuole stia succedendo nelle ultime elezioni – politici.
Il dibattito sul 5 G, che si popone unicamente a imprinting cinese, è la punta di un iceberg sommerso. La materia è vasta e sensibile – anche se Huawei, l’azienda protagonista unica del nuovo sistema digitale, fosse solo privata e non al servizio del partito Comunista Cinese. Ora nel contact tracing contro la diffusione del coronavirus. Oggi e domani in una sorta di schedatura universale di tutti i dati personali di ognuno.
In America si celebrano i Bell Laboratories. Finiti nelle ristrutturazioni degli anni 1990 alla Nokia, che li ha anestetizzati, ma una industria di primo piano nello sviluppo tecnologico. Impresa privata, privatissima, ma che con capitali di ricerca anche pubblici aveva creato l’industria di questi anni: il transistor, il fotovoltaico, il microchip, la telefonia cellulare.   
(fine)

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