Empatia – La simpatia al
tempo dell’esistenzialismo, parafenomenologica – in questo senso l’ha indagata
per prima Edith Stein, ancora allieva di Husserl. Del guardarsi, del
distanziamento. Ancora nel corpo ma in sofferenza: depressione, inadeguatezza,
sfiducia, abbandono. Nella chiusura, ferrea: una gabbia di ego(t)ismo. E più
per essere in sofferenza: il masochismo è pure sadico, l’antica ipocondria che
si cancella.
Filosofia tedesca – È curiosamente autoreferente, come di un’isola isolata. Con l’appropriazione, più arbitraria che rispettosa, della filosofia greca – di parte della filosofia greca, con voluminose assenze, per esempio Aristotele. E di Gobineau. Con Cartesio, qua e là, come punching-ball. E con un pizzico di biblismo (ebraismo).
Globalizzazione 2 - Il digitale, lo smaterializzarsi
delle produzioni, può (dovrebbe) riportarle là dove la conoscenza è concepita e
generata, con investimenti mirati, su un tappeto culturale spesso, favorevole.
Lo smaterializzarsi del lavoro, sempre meno dipendente e non più opera di grandi
masse di individui, applicate a grandi macchine, complicate, rumorose, gravose,
pericolose, nel funzionamento e negli effluvi, e negli stessi procedimenti.
Esaurito il riequilibrio fra have e have not, la
globalizzazione è ora vista con bruschezza: la Cina esporta virus e prende tecnologia,
la Cina è un paese dittatoriale, senza rispetto per i diritti umani, il
presidente Xi si è fatto eleggere a vita, la spinta della Cia su mercati
esteri, in Asia, in Africa e in Europa, è una forma di neo capitalismo, con
ingredienti di neo colonialismo. Non è così, gli scambi sono elaborati,
molteplici, di varia natura, e i diritti umani sono estensibili. Ma alla sommatoria
è così: la Cina prende molto, di ottimo qualificato, avanzato, e dà
naturalmente anche molto per bilanciare lo scambio, ma adulterato, incontrollabile,
troppo spesso sotto gli standard contrattuali – tutti gli apparecchi cinesi di largo
consumo in Occidente lo testimoniano, dagli apparecchi telefonici fissi alla
strumentazione informatica (personal, stampanti, riproduttori), ai modem tv e
internet. Ed è incontrollata sugli standard sanitari, avendo alimentato con gli
scambi anche le pandemie degli ultimi trent’anni - eccetto la mucca pazza, del
pazzo dottor Neil Ferguson: non è pensabile che non ce ne siano stati altri in
Cina prima della globalizzazione, ma piuttosto che non erano denunciati o non
erano infettivi fuori della Cina, essendo la Cina un paese chiuso prima di Deng
Hsiao Ping.
Uno scambio che la Cina
paga bene e senza limiti né controlli: qualsiasi imbroglione, anche mafioso,
può fare immediati lauti affari in Cina, comprando o vendendo: un free-for-all non più immaginabile dopo
il coronavirus, che potrebbe anche dimezzare le prospettive, se non il reddito,
dell’Occidente, dove la pandemia soprattutto si è diffusa. Senza controlli, non
all’origine, malgrado la caratterizzazione moralistica del regime comunista, né
alla destinazione - a caval donato non si guarda in bocca.
La globalizzazione si è trasformata in scambio disuguale - almeno per quanto concerne la Cina. Ciò è emerso nella pandemia sotto due aspetti: la delocalizzazione di molte produzioni ha lasciato fuori, e alla mercé di un mercato poco controllato e poco controllabile, oltre che decine di milioni di posti di lavoro qualificato, produzioni strategiche, come i farmaci e forniture mediche critiche.
Il regime cinese è malato, sotto
l’apparente acquisitività. E il costo degli affari che offre non è più
concorrenziale, sommando tutti gli addendi.
Malattia – Un modo d’essere del corpo, o una sua imperfezione? Alla maniera di Susan Sontag si può leggerla in tutti i modi possibili, come un errore, una mancanza, perfino un sogno (incubo), una tabe ereditaria, una prova, quindi una promessa. Ma è la manifestazione di una debolezza, intrinseca. Riparabile, esercitandovisi, ma non del tutto, non debellabile. È la precarietà della condizione umana, la manifestazione della sua persistente casualità, e quindi insignificanza.
Metropoli – “La metropoli non conosce stabilità e tradizione,la reverente continuità del passato, ma è lo stesso respiro istantaneo del nuovo, l’incessante trasformazione che inghiotte e cancella di continuo ogni immagine della realtà, come il juke-box mangia e dimentica un disco dopo l’altro e lo sfavillio delle réclame luminose non ha memoria del giorno precedente”, Claudio Magris, “L’infinito viaggiare”, 58. È questo il suo proprio? I fuochi d’artificio, o non lo zoccolo duro, insistente, stratificato, immutabile, se non per forza maggiore, evento naturale o guerra – resilient. Un magma, insiste Magris a Berlino, divisa e ricostruita per intero, che “accomuna la metropoli alla giovinezza”. Ecco, ma non sguarnita: una giovinezza radicata per mille legacci.
Opere – Non salvano. Hanno senso se integrate in un costume di vita sano o santo.
Postumano - È riflessione
femminile non per caso – si direbbe di genere. Militante, quasi un manifesto.
S’intreccia con la decrescita demografica, la non procreazione. Che è anch’essa
un manifesto e non un’occorrenza – si vede dallo spostamento-slittamento degli
affetti verso gli animali domestici, che non richiedono meno cura e meno spese
di un figlio. Il principio di una desertificazione dell’umano. A un passo che
sembra lento ma va spedito, il tempo di un paio di generazioni, attraverso il
figlio unico, il nessun figlio, la singletudine.
Le
famiglie unipersonali, o single, sono in Italia il 35 per cento, dei 25,7 milioni
di famiglie censite. E in crescita – erano il 33 per cento nel 2017 (l’Italia
ha anche il più basso tasso di natalità al mondo). Negli Stati Uniti sono
percentualmente di più, il 36 per cento. I paesi ricchi, in generale europei, condividono una situazione di elevata
singletudine. Analogo effetto sulla demografia si ha in Cina per la politica,
ormai trigenerazionale (solo da poco attenuata, e poco), del figlio unico.
Con
qualche eccezione, dovuta a una diversa condizione-concezione femminile. In
Germania, che pure condivide con l’Italia il record negativo della natalità, le
famiglie unipersonali sono il 24 per cento del totale – ma con grande variabilità
locale: il 34 per cento a Berlino, il 20 in Baviera. Anche la Francia laica fa
eccezione, per una politica d’incentivazione demografica, in atto dalla
presidenza Pompidou nei primi anni 1970, che ha portato la fecondità al “2,07
figli per donna”, il “tasso di sostituzione” delle generazioni.
Uguaglianza – La peggiore ingiustizia sta nel volere l’uguaglianza dei diseguali, usa così sintetizzare Aristotele, ma non senza fondamento. Partendo dal proverbio, dice Aristotele nell’ “Etica a Nicomaco”, di ardua applicazione: “Nella giustizia è compresa ogni virtù”. Giustizia, argomenta, è obbedire alla legge, e al “principio di eguaglianza”: “ingiusto” è “contrario alla legge” e “non rispettoso dell’uguaglianza”. Ma “non rispettoso dell’uguaglianza” e “contrario alla legge” non sono la stessa cosa: si distinguono come la parte rispetto al tutto – “tutto ciò che non è rispettoso dell’uguaglianza è contrario alla legge, ma ciò che è contrario alla legge non è tutto non rispettoso dell’uguaglianza”. Non c’è un giusto e un uguale in senso totale. E ci sono limiti alle leggi.
zeulig@antiit.eu
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