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Un eroe di tutti i tempi
“La principessina Mary”, racconto
da Settecento francese, galante, ha una piega e un personaggio maschile dostoevskijani,
e contiene una storia d’amore e un personaggio femminile che fermenteranno in
Tolstòj. Con un pizzico già di Oblomov: “Non c’era da annoiarsi, né da
divertirsi”. E l’ironia soffusa che sarà di Gogol. Con un’anticipazione del “Dr.
Watson”, il testimone che si confonde con l’eroe. E con un po’, anzi molto, selfie. Si spiega - in questi racconti
del Caucaso, che l’unità del narratore propone a “romanzo” - la fortuna duratura
di uno scrittore che scrisse poco, e riuscì a morire presto, di ventisette
anni, nel luglio del 1841. Anche lui come Puškin, la cui morte quattro anni
prima aveva celebrato con una “Morte del poeta”, ode per la quale era diventato
famoso. Anche lui di duello, con un ex compagno di studi. Anche lui in sospetto
presso lo zar, Nicola I, che dopo un duello lo aveva fatto mandare nel Caucaso,
la Siberia dell’epoca. Uno scrittore e un personaggio anche lui della Russia
post-1825, dopo l’insurrezione decabrista fallita, degli ufficiali giovani.
Un “romanzo” di fondazione. Il
primo vero della storia letteraria russa. Composta da cinque racconti, d’amore
e d’avventura – uno, “Tamàn”, il più breve, è un giallo. Tra gli infidi ceceni,
i kabardi, i lasghi, gli osseti, i circassi, e altre popolazioni poco affidabili
del Caucaso e oltre, mezzo asiatiche, per lo più mussulmane (indossano il burka, anche gli uomini). E della
Crimea. Tra tartari e cosacchi in ogni dove. Racconti di confine o di esilio,
si direbbe dalla localizzazione, e invece russi – per quanto la storia e la tradizione
russe siano complesse: di caratteri estremi, di decisioni improvvise.
Ufficiale degli ussari della
guardia, nella residenza imperiale di Čarskoe Selo, giovane brillante, a corte
e in città, ma “scontroso e maligno” per i contemporanei, byroniano, Lermontov coltivò
la poesia nel disprezzo di quanto era russo, solo leggendo Shakespeare, Schiller,
Schelling, Byron, e i francesi. E ne ha tratto ottima lezione in questo “Eroe”,
col suo alter ego Pečorin - nome derivato da un fiume, sulla traccia sempre di Puškin,
che anche Oneghin deriva dal fiume: Pečora e Onega. Un personaggio che vuole e
non vuole – diseducativo diceva lo zar: “In me l’anima è guastata dal mondo”,
si dice l’“eroe”, “l’immaginazione è inquieta, il cuore insaziabile”. Assolvendosi:
“Non so se sono uno sciocco o un malvagio, ma io merito compassione forse più
di lei”, più della bellezza circassa innocente che ha sedotto e ora abbandona. In
altro luogo riconoscendo. “Bisogna rendere giustizia alle donne: esse hanno l’istinto
dela bellezza dell’anima”. Tra ninfe – anche circasse, anche “onesti
contrabbandieri” – e principessine.
L’edizione Oscar si affida alla traduzione di
Pia Pera. Che l’aveva pubblicata orginariamente con Frassinelli nel 1996, e
ripresa con Lemonnier nel 2001. Arricchendola con un saggio di Nabokov –
ironicamente? Pia Pera, autrice di un “Lolita” al femminile, visto da lei,
aveva avuto per i diritti una causa rovinosa col figlio dello scrittore,
Dmitri.
L’edizione Garzanti è stata rifatta, traduzione
e introduzione, da Luigi Vittorio Nadai (la prima Garzanti, 1977, riproduceva
l’edizione Mursia dello stesso anno, con traduzione di Giacinta De Dominici
Jorio e introduzione di Marina Rossi Varese).
Gli scritti aggiunti sono il racconto in versi,
di ambiente turchesco, “Ashik-Kerib”, un uomo povero con un cuore d’oro e una
bella voce, che accompagna col saaz, la balalaika turca. Un’apologia di Mosca, “antica
capitale”, allora controcorrente - la corte stava a Pietroburgo. Il tipo del
“Caucasiano”. E un racconto alla Hoffmann, “Stoss”. Tre o quatro aspetti di un
autore giovane e già complesso, con più di un interesse, e di una sola corda
all’arco.
Michail Lermontov, Un eroe del nostro tempo e altre prose, Oscar, pp. XXXV + 214 €
8,50
Garzanti, pp. XXVI + 207 € 10
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