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Il nemico di se stesso
“Ci sono dispiaceri che lentamente corrodono la
mente come un cancro”. La paura della follia, che è già follia – “la mia
propria follia”, continua il narratore di questo romanzo, “è che domani possa
morire senza essere riuscito a conoscere me stesso”. Sulla duplice ossessione
Hedayat costruiva nei primi anni 1930 a Teheran questo breve denso romanzo
della pace interna impossibile.
Un giovane problematico incontra la ragazza dei
suoi sogni – che lo porta a pensare reali i sogni. È l’inizio di un discesa all’inferno,
che lo condurrà, passo dopo passo, fedelmente registrato, alla follia tanto temuta.
Con scrittura secca, senza arzigogoli.
Tradotto in America negli anni 1950, “La
civetta cieca” sarà avvicinato alla narrativa di E. A. Poe. Ma con più
verosimiglianza il nome da fare è Kafka. Non per la scrittura, per l’insondabilità
– il muro. Di fatto il romanzo è molto iraniano: ha radici nella mistica e la poetica
della tradizione – di un altro Iran, cioè, anche se i quarant’anni di tirannia
islamica non ne hanno spento gli umori, tuttora percettibili nella poesia, che
non si traduce, e nella cinematografia. E, per quanto riguarda Hedayat, nei
numerosi racconti che ha lasciato, oltre questo romanzo, scritti talvolta in
francese (gli studi Hedayat aveva fatto al liceo francese di Teheran) – alcuni tradotti
quarant’anni fa nei Narratori Feltrinelli.
Hedayat, ostracizzato, dalla ricca aristocratica
famiglia e da se stesso, dalle sue paure e ossessioni, morirà a Parigi suicida
nel 1951 – sepolto peraltro tra le celebrità del Père Lachaise. Di 48 anni, dopo
un’attività intensa di traduttore in patria, di Kafka appunto e Poe, e di
Maupassant, Rilke, Čechov, Sartre, Schnitzler, e
di critico letterario. Aveva già fatto a vent’anni un soggiorno a Parigi, con
identico tentativo di suicidio, salvato dal fiume da un pescatore intempestivo.
Dopo gli studi di ingegneria a Bruxelles, presto abbandonati. Tornato a Teheran,
lavorò alla Banca Nazionale, per un periodo breve, di malavoglia. Fu a lungo in
India, da neofita vegetariano, per recuperare l’antico persiano pahlavi, e immergersi nello zoroastrismo
di una comunità parsi.
Tradotto dall’originale da Anna Vanzan.
Sadegh Hedayat, La civetta cieca, Carbonio, pp. 135 € 14,50
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